Negli ultimi decenni la letteratura psichiatrica si è concentrata sullo studio dei fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi mentali gravi come le psicosi.
Il modello eziopatogenetico più accreditato è il cosiddetto modello vulnerabilità-stress, che sostiene che l'insorgenza e decorso di una psicosi sia determinato da una vulnerabilità soggettiva unita all'impatto di stress ambientali, che possono scatenare sintomi psicotici attivi. Le principali determinanti di questa vulnerabilità sembrano essere biologici (genetici e legati allo sviluppo neurologico) e la sua espressione come disturbo franco è influenzato da entrambi i trigger, psicosociali e fisici (ad esempio abuso di sostanze). Il concetto di stati mentali a rischio rimanda alla cosiddetta fase prodromica della psicosi, ovvero una fase in cui non sono ancora presenti sintomi psicotici tout court, ma il soggetto incomincia a presentare delle alterazioni emotive, cognitive e del comportamento peculiari, che gli studi longitudinali hanno mostrato essere presenti nel circa 40% dei soggetti diagnosticati come esordio psicotico (vedi gli studi di Young e Mc Gorry e la letteratura psichiatrica recente di stampo anglofono). È importante precisare che gli stati mentali a rischio e i prodromi indicano una aumentata vulnerabilità allo sviluppo di un disturbo psicotico e/o un disturbo psichiatrico maggiore. Young e Mc Gorry definiscono stati mentali a rischio quel set di sintomi che la letteratura mostra essere caratteristico della fase di transizione (la cosiddetta fase prodromica) verso l'esordio psicotico. Tali sintomi comprendono: sintomi psicotici attenuati, ovvero sintomi di stampo psicotico (umore delirante, idee di riferimento, esperienze percettive insolite) con intatto esame di realtà, quindi ben criticati dal soggetto, ma di intensità e/o frequenza insufficiente; sintomi psicotici brevi e intermittenti, ovvero sintomi francamente psicotici ma con rapida remissione spontanea. Tra gli stati mentali a rischio vanno annoverati anche i soggetti che presentano dei sintomi del tutto aspecifici (anche banalmente sintomi di ansia), ma che presentano anche un importante deterioramento del funzionamento psico-sociale e una familiarità positiva per psicosi. Gli stati mentali a rischio rientrano nel quadro più generale dei sintomi prodromici, che sono un eterogeneo gruppo di comportamenti correlati con una franca psicosi, ovvero:
Cosa avviene durante la fase prodromica? La fase prodromica è caratterizzata da una percezione di fortissimo stress interno o esterno, che il soggetto non riesce a spiegare o di cui non riesce ben a riconoscere la causa (fase di irritazione). C'è la comparsa dei cosiddetti sintomi di base: disturbi dell'attenzione/concentrazione; disturbi della forma del pensiero – che si blocca, è accellerato, confuso, vuoto; disturbi della comprensione – es. mancata comprensione delle metafore e comprensione letterale; disturbi della memoria; funzionamento emotivo ridotto; alterazione dell'affettività, ovvero espressione facciale, contatto oculare, eloquio e affettività inappropriata. Il soggetto percepisce, in questa fase, una atmosfera nuova e inconsueta a cui non riesce a dare un senso e un significato. Tale percezione si intensifica progressivamnte con un effetto dirompente sull'assetto psicologico fino a quel momento. Ecco che il soggetto ricerca una nuova spiegazione e una nuova cornice di significato per cercare di dare senso alle esperienze inconsuete. Tale spiegazione è cercata all'esterno, ovvero c'è una proiezione all'esterno della causa dei cambiamenti esperenziali (fase di esternalizzazione). Le percezioni, le azioni e le sensazioni corporee strane ed insolite vengono esperite “come se” fossero dei “fatti dall’esterno” e i pensieri uditi “come se” fossero vocalizzati da voci esterne (esperienze di passività di Schneider: idee di influenzamento somatico; senso di azioni imposte; furto ed influenzamento del pensiero). Il contenuto del pensiero diviene insolito, l'umore delirante, il paziente appare perplesso rispetto alle proprie esperienze e compaiono idee di riferimento e idee non bizzare. Compaiono, quindi, i primi sintomi positivi, caratteristici della schizofrenia, sebbene in maniera più sfumata e incompleta. Il mantenersi nel tempo di tali esperienze porta ad una maggiore strutturazione della sintomatologia psicotica (fase di concretizzazione). Se nella fase precedente il paziente era ancora critico e perplesso dalle spiegazione “come se” delle sue esperienze, ora c'è una concretizzazione della spiegazione insolita dell'esperienza, non più passibile di critica. Individuare per intervenire precocemente L'obiettivo della precoce individuazione di stati di vulnerabilità, ovvero di stati mentali a rischio, è di predisporre degli interventi tempestivi. Tali interventi possono avere come target sia i soggetti in fase prodromica o che presentano uno stato mentale a rischio sia soggetti con esordio psicotico vero e proprio. Quando si parla di intervento precoce, il primo obiettivo è quello di ridurre la DUP (Duration of Untreated Psychosis), ovvero il periodo che intercorre tra l’esordio dei primi sintomi di natura psicotica e il primo trattamento terapeutico, che in media è di 6/18 mesi. Minore DUP, infatti, si correla a:
Si può guarire dalla psicosi? La maggior parte dei giovani che vivono il loro primo episodio psicotico fa un recupero completo, anche se una minoranza significativa (circa il 10-20%) svilupperà sintomi persistenti. La traiettoria di recovery è abbastanza variabile. Una volta che il trattamento viene istituito, alcune persone miglioreranno lentamente, ma inesorabilmente, mentre altri passeranno attraverso un periodo di apparente mancanza di progressi e per poi fare sbalzi di benessere. Una volta raggiunta una recovery, l'obiettivo sarà il mantenimento e la promozione del benessere per evitare delle ricadute, Ogni ricaduta è un rischio potenziale per lo sviluppo di una compromissione e disabilità duratura e contribuisce allo sviluppo di una resistenza al trattamento. Bibliografia Besozzi, M., Comai, A., Garbazza, C., Provenzani, U., Boso, M. (2012). Diagnosi precoce e intervento tempestivo nei disturbi psicotici. Bollettino della Società Medico Chirurgica di Pavia 125(1):29-36. Edwards, J., McGorry, P., D. (2004). Intervento precoce nelle psicosi. Guida per l'organizzazione di servizi efficaci e tempestivi. Centro scientifico Editore, Italia. Philips LJ, Yung A, Mc Gorry PD et al. (2005). Mapping the onset of psychosis: the Comprehensive Assessment of At-Risk Mental States. Aust N Zeal J Psychiatry; 39:964-971. Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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A partire dagli anni 70 si è assistito ad un cambiamento nel mondo della psichiatria, con il passaggio da un modello psichiatrico di tipo custodialistico, di cui i manicomi erano la rappresentazione fondamentale, ad un modello orientato alla recovery.
Per recovery si intende un processo di cambiamento attraverso il quale gli individui migliorano il proprio stato di salute e di benessere, vivono una vita auto-diretta e cercano di esprimere il loro pieno potenziale (SAMHSA, 2011). Dimensioni cruciali della recovery psichiatrica sono, quindi:
Il modello orientato alla recovery si sviluppa prima nei paesi anglosassoni, dove si diffonde anche l'idea che la recovery possa esser favorita dal supporto tra pari. Solo recentemente tale modello è arrivato in Italia e stà trovando attuazione in diversi programmi di intervento all'interno dei dipartimenti di salute mentale e nel terzo settore. Nel 2010, l'OMS ha pubblicato un documento "Users empowermwnt in mental health. Empowerment is not a destination but a journey", che sottolinea come, all'interno del contesto della salute mentale, il concetto di recovery sia legato a doppio filo con la possibilità di scelta, di decisione e controllo che gli utenti dei servizi di salute mentale possono avere sugli eventi della propria vita. Cosa si intende per supporto tra pari? Il supporto tra pari può essere definito come il supporto emotivo e pratico mutualmente offerto da persone che condividono una medesima condizione, al fine di ottenere un cambiamento ed una crescita personale e sociale. Strumento è il gruppo di auto-aiuto. Come funziona il supporto tra pari? Tale strategia di intervento si basa sulla figura di un Peer Supporter, ovvero di un individuo, che ha sofferto di un disturbo mentale importante, ma che ora si trova in una fase avanzata di recovery (di recupero) e che, in virtù della propria esperienza personale di malattia, ben conosce le difficoltà connesse alla malattia mentale e allo stigma. Il Peer Supporter, così, diventa un riferimento positivo e a cui aspirare all'interno del suo gruppo. Efficacia del supporto tra pari. Le ricerche condotte in questo campo mostrano che il supporto tra pari porta dei benefici sia al Peer Supporter che ai soggetti in fase di recovery meno avanzate, infatti:
Bibliografia
La recovery psichiatrica e il supporto tra pari. didott.ssa Maria Luisa Abbinante è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. Dal mese di Febbraio 2013 Auser ha attivato un servizio psico-sociale sperimentale dedicato alle persone anziane residenti nel corsichese (Assago, Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, Cusago), grazie al finanziamento ricevuto dalla Fondazione Banca del Monte Lombardia. Di cosa si tratta? Mission del servizio, che si propone come un intervento di prevenzione primaria e secondaria, è l'individuazione precoce del disagio emotivo e psicologico nell'anziano e la promozione di uno stile di vita attivo e partecipativo, al fine di migliorare la qualità della vita della persona anziana e preservare e mantenere più a lungo nel tempo la sua autonomia e l'indipendenza. A tal fine il servizio offre:
Chi si può rivolgere? Le persone anziane che nella loro vita quotidiana sperimentano difficoltà quali tristezza, solitudine, isolamento, scarsa voglia di intraprendere attività o di vedere persone, difficoltà di memoria e concentrazione. Come? Chiamando il numero 02/36708609 o recandoti presso la sede Auser di Corsico in via Falcone 5 potrai chiedere maggiori informazioni sul servizio e un primo appuntamento con lo psicologo. con la collaborazione della dott.ssa Maria Luisa Abbinante
SOS Batterie esaurite! La donna multitasking tra famiglia, lavoro e cura dei genitori anziani19/5/2013
Il tema dell'assistenza all'anziano non più autosufficiente oggi è un tema di forte preoccupazione per il sistema socio sanitario perchè il numero di anziani sta progressivamente aumentando. Si stima che nel 2020 la maggioranza della popolazione italiana avrà un'età compresa tra i 45/60 anni e nel 2050 il numero di anziani supererà nettamente i giovani.
Ma perchè oggi è così pressante il tema dell'assistenza all'anziano? 50 anni fa l'anziano era il centro della famiglia e la sua cura era affidata alla famiglia allargata; l'assistenza all'anziano in difficoltà era un vero e proprio “fatto sociale”, a cui partecipavano tutti (coniugi, fratelli, cugini, figli, nipoti, ecc...) con una abbondanza di risorse che permetteva di assolvere al compito di cura più agevolmente, anche se l'anziano non era più autosufficiente. Oggi la situazione potremmo dire che si è completamente ribaltata: i nuclei familiari non hanno più relazioni così strette e il numero dei membri si è ridotto, con un aumento delle famiglie composte solo da un genitore. L'assistenza all'anziano in difficoltà si è trasformata da “fatto sociale” a “fatto privato” a carico dei singoli nuclei familiari e non più della famiglia allargata. Un'indagine CENSIS del 2006 che ha coinvolto 401 familiari di anziani malati di AD rivela che: _ 80% di chi si prende cura direttamente del malato è donna (moglie o figlia); _ ha età è tra i 46 e 60 anni; _ si occupa dell'anziano in media per 6 ore al giorno se facciamo riferimento solo all'assistenza diretta, cui si aggiungono in media 7 ore per la sorveglianza......... con un totale di 13 ore al giorno!!!!!! Questo dato va evidenziato dato che si stima che 36 ore settimanali sarebbe il limite che permette di distinguere un COMPITO DI CURA SOSTENIBILE da uno che determina effetti avversi per il caregiver! Il CAREGIVER TIPO, nel 50% dei casi, è la moglie del malato, 60 anni in media, è coinvolta a tempo pieno, ha problemi di salute ed è psicologicamente provata. Non si contano, però, neanche le cosiddette FIGLIE MULTIRUOLO, che non convivono con l'ammalato, con una propria famiglia, lavoro e sovraccariche di responsabilità....... con inevitabili effetti negativi su piano fisico, psicologico e di relazioni sociali. La perdita di autonomia della persona anziana rende necessaria un’assistenza continua ed è proprio il carattere di continuità che va a collidere con la gestione degli altri ruoli di vita che il caregiver deve sostenere: il ruolo genitoriale e/o coniugale e il ruolo lavorativo sono quelli che più di tutti risentono del peso dell’assistenza (il 55% degli intervistati ha dichiarato di avere meno tempo da dedicare agli altri familiari e il 13% ha dovuto sospendere l’attività lavorativa, temporaneamente o definitivamente, per potersi dedicare alle cure della persona malata) con un maggiore rischio di fratture familiari. Oggi, poi, si diventa genitori più tardi rispetto al passato ed ecco che il momento dell'assistenza ai genitori anziani viene a sovrapporsi con il compito di genitori, magari genitori di un'adolescente, con un carico ulteriore. Cos'è il BURDEN? Il BURDEN è la responsabilità percepita, in senso sia di tempo che di sforzo, di una persona che si deve occupare di un'altra. Il burden del caregiver è correlato con la comparsa di sintomi di tipo ansioso depressivo, che permarrebbero a distanza di 12 mesi dalla fine del compito di assistenza. Quando si parla di burden, quindi, si fa riferimento ad un costrutto multi-dimensionale che include diversi fattori di stress per il caregiver: _ stress causato dalla riduzione del tempo dedicato a se stessi (time dependent burden); _ stress causato dal senso di fallimento delle proprie speranze ed aspettative. Qui ci si riferisce alla sensazione del caregiver di essere tagliato fuori dalle opportunità, esperienze e stile di vita dei soggetti della propria generazione (developmental burden); _ stress fisico (physical burden): gli alti livelli di richiesta sia fisica che emotiva legati al caregiving ha degli effetti negativi sulla salute fisica del caregiver familiare tanto che alcuni studi mostrano l'aumento del rischio di problemi di salute quali ipertensione (40%), diabete (18%), ansia e depressione (14%), asma (11%), problemi circolatori (8%), ecc... I caregiver, inoltre, metterebbero in atto minori comportamenti di promozione della salute e di prevenzione! _ stress causato dal conflitto di ruolo fra il proprio lavoro e la famiglia (social burden); _ imbarazzo o vergogna causati dal paziente (emotional burden). Le cause o fattori che facilitano la comparsa di questa sindrome da esaurimento psico-fisico possono essere sia fattori legati al caregiver che fattori legati all'anziano. Fattori legati al caregiver sono: _ età, che influenza il rischio di sviluppare burden (aumenta all'aumentare dell'età) e la fonte di stress prevalente (i giovani hanno un burden legato alla sensazione di essere tagliato fuori dalle opportunità della vita ed intrappolato nel compito di cura; gli anziani hanno un burden più di tipo fisico, che probabilmente va ad aggravare le patologie preesistenti e legate invecchiamento; _ status socio economico (al crescere della disponibilità economica diminuisce il burden percepito); _ ore dedicate all'attività di cura; _ numero di compiti richiesti e coinvolgimento nelle IADL (es. cura della casa, ecc...); _ sentimento di essere preparati ad assumere il ruolo di caregiver (in questo interviene la valutazione in confronto ai propri pari del momento personale di crescita in cui stanno entrando). Fin dai primi momenti della malattia del proprio caro, i caregiver sperimentano che la propria vita sta deviando lungo una linea di sviluppo da loro non prevista e questo è il fattore principale di burden. Il fatto che i caregiver di anziani MCI sperimentano burden come i caregiver dei AD, pur non essendo presenti gli stessi livelli di deterioramento, conferma che ciò che ha un impatto forte è il riconoscimento dell'aumento delle responsabilità per se e il bisogno di assistenza. Un discorso a parte va fatto relativamente al sesso, poiché, come abbiamo visto, circa l'80% dei caregiver è donna. Da un confronto tra burden percepito dalle donne e burden percepito dagli uomini emerge che le donne hanno livelli di burden maggiori rispetto agli uomini caregiver, anche quando gli uomini assistono a pazienti anziani malati di ad più gravi, tanto che il genere maschile sembra essere fattore protettivo nel caregiving di AD. Probabilmente ciò può essere attribuito alle diverse strategie di coping utilizzate dai due sessi per affrontare il caregiving: l'uomo utilizza strategie di coping centrate sul compito, mentre le donne strategie di coping centrate sull'emozione. Di fronte ad una difficoltà nell'assistenza, l'uomo valuterà la situazione come un compito da risolvere, considerando eventuali vantaggi/svantaggi e soluzioni alternative, mentre le donne faranno un maggior uso di strategie poco adattive come la negazione. In generale i maschi caregiver hanno più effetti negativi sul benessere fisico (es. disturbi cardio-vascolari), mentre le donne caregiver hanno più effetti negativi psicologici (es, depressione e solitudine). Il burden è determinato anche da fattori più legati all'anziano malato. Nel caregiving ad anziani AD è la severità dei sintomi comportamentali ad avere un impatto maggiore, piuttosto che la perdita di autonomie legata alle cadute cognitive. Fattori di rischio per lo sviluppo di burden sono: _ isolamento sociale (la mancanza di supporto sociale appare essere una delle principali fonte di stress che si aggiunge al carico della cura); _ solitudine (il poter condividere con altri la cura è un fattore di protezione per il burden); _ scarsa capacità di richiedere aiuto. Sebbene il bisogno di sostegno sia elevatissimo, quasi mai si traduce in una richiesta concreta di intervento (bisogno inespresso dei caregivers). Da una ricerca emerge che se circa l’80% dei caregivers è consapevole di aver bisogno di consigli su come assistere il proprio congiunto, di sentirsi preoccupato, impotente di fronte alla malattia e di pensare sempre a come si evolverà la situazione, meno della metà (35%) dichiara di voler interagire con un esperto (medico/psicologo) e solo il 18% vorrebbe informazioni per usufruire di sostegno psicologico per sé; inoltre, il 30% ha dichiarato che il rapporto con i medici è un’ulteriore fonte di stress, pur desiderando avere più informazioni e una miglior qualità di assistenza da parte del personale medico; _ scarso senso di auto efficacia. Il senso di auto efficacia per la gestione dei sintomi è, infatti, correlato con bassi libelli di burden e porta il caregiver a meglio gestire tutte le problematiche portate dall'anziano, anche al loro peggiorare progressivo. CONSIGLI PER IL CAREGIVER Imparare a delegare una parte del compito di cura. Individuare un' altra persona (un familiare, un operatore, un amico di famiglia, ecc...) che possa fungere da punto di riferimento per l'anziano, quando il caregiver principale non è presente, può rivelarsi molto utile al fine di permettere la creazione di uno spazio fisico e mentale per rigenerarsi dal carico della cura. È importante che quando dei familiari finalmente si concedono un momento, una serata, i confini di questo spazio siano tutelati. Imparare a mettere dei confini. Stiamo parlando di confini mentali e materiali. Spesso l'anziano non è consapevole degli effetti che le continue richieste di assistenza e cura hanno sui suoi cari, chiedendo una presenza oltre le loro possibilità. È importante, per questo, imparare a dire di no e non assecondare le richieste improprie. Quando a fine giornata il familiare ha fatto tutto quello che era in suo potere fare per promuovere il benessere dell'anziano parente, non gli è più utile continuare a pensare a quello che ha fatto o che farà l'indomani, anzi gli è di gran danno, perché renderà più difficile la conquista di un sonno ristoratore, non gli permetterà di dedicarsi a se stesso, alla sua coppia, alla sua famiglia. Coltivare il proprio benessere: Prendendosi del tempo libero, per evadere dalla situazione troppo pesante e per riposare; Frequentando gli amici, per avere conforto e sostegno; Evitando l’isolamento e frequentando gruppi di incontro con altre famiglie; Cercando aiuto e supporto psicologico, uno spazio di rigenerazione personale. Bibliografia Ampalam, P., Gunturu, S., & Padma, V. (2012). A comparative study of caregiver burden in psychiatric illness and chronic medical illness. Indian J Psychiatry, Jul-Sep; 54(3): 239–243. Beinart, N., Weinman, J., Wade, D., & Brady, R. (2012). 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Factors associated with health-related quality of life among Chinese caregivers of the older adults living in the community: a cross-sectional study. Health and Quality of Life Outcomes, 10:143 di dott.ssa Maria Luisa Abbinante SOS Batterie esaurite! La donna multitasking tra famiglia, lavoro e cura dei genitori anziani. by dott.ssa Maria Luisa Abbinante is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License. Anche lo Studio di Psicologia Eufonia aderirà alle iniziative promosse nell'ambito del "MIP 6 -Maggio di Informazione Psicologica" attraverso 2 iniziative pubbliche: _ "SOS Batterie esaurite! La donna multitasking tra lavoro, famiglia, cura dei genitori anziani." Le statistiche demografiche mondiali segnalano il progressivo invecchiamento della popolazione, con un ulteriore incremento del numero di anziani nel prossimo decennio. L'aumento del numero di anziani è un tema di grande rilevanza sociale a causa degli importanti oneri assistenziali a carico delle famiglie. Le ricerche evidenziano che il carico assistenziale e di cura del familiare anziano coinvolga prima di tutto le madri e le figlie. Se in passato lo scarso coinvolgimento della donna in attività lavorative fuori dal contesto domestico rendeva il compito di cura ed assistenza più semplice da gestire, oggi il maggiore coinvolgimento fuori dalle mura domestiche rende tale compito un carico di difficile gestione. In breve tempo la donna arriva ad essere esausta, irritabile con un forte rischio di burden, ansia e depressione. Ma cosa si intende per burden? Come si manifesta? Cosa fare? L'iniziativa si terrà il 17 Maggio 2013 dalle ore 17.00 alle ore 18.30 presso lo Spazio 6 Centro in via Savona 99, Milano. _ "Invecchiare con la testa! La vita dai 60 in su." La società di oggi ci propone immagini spaventanti dell'età senile, rappresentata come territorio oscuro, di decadimento e di malattia. Ma è davvero così? Persone illustri come Rita Levi Montalcini dimostrano come si può invecchiare rimanendo al massimo della propria forma intellettuale e cognitiva. Ma quali sono i trucchi di un invecchiamento DOC? L'iniziativa si terrà il 25 Maggio 2013 dalle ore 10.00 alle ore 11.30 presso lo Studio di Consultazione e Psicoterapia in L.go Settimio Severo 2, Milano. Si può prenotare la partecipazione al seminario entro il 22/05 al numero 3938509837 o all'indirizzo mail [email protected] Nell'ambito dell'iniziativa sarà possibile prenotare un primo colloquio gratuito. di dott.ssa Maria Luisa Abbinante
La letteratura gerontologica suggerisce che parlare di anziani significa parlare di fragilità, poiché la fragilità è una condizione propria dell'età senile e all'aumentare dell'età aumenta la fragilità.
Il termine fragilità identifica una condizione di rischio e di vulnerabilità, caratterizzata da un equilibrio instabile di fronte a eventi negativi. L’anziano, per motivi legati al processo d’invecchiamento e alle malattie intercorrenti, diviene più vulnerabile e meno capace di conservare una condizione di benessere fisico e psichico in seguito ad eventi stressanti. La letteratura riporta che la fragilità è connessa con peggioramento della salute ed aumento del rischio di ospedalizzazione, istituzionalizzazione, cadute e morte. La presenza di una condizione di fragilità, dunque, espone al rischio di sviluppare una condizione di disabilità nel breve periodo. Chi è l'anziano fragile? L'anziano fragile, dunque, è una persona: – con età superiore ai 65 anni; – con una condizione di salute instabile - presenza di numerose patologie e assunzione di diversi farmaci, ripetute ospedalizzazioni o ricoveri per patologie acute, dimagrimento involontario; – con evidente deterioramento di funzioni e strutture fisiche e psicologiche - compromissione della vista, lutto o depressione senile, deterioramento cognitivo o diagnosi di demenza; – con limitazioni nell'attività fisica - per minore resistenza e affaticamento o per paura di cadere. La caduta è un fattore di rischio importante indicatore di peggioramento della qualità della vita poiché correlata con inizio della dipendenza, perdita di autonomia, disabilità e istituzionalizzazione. Essa, inoltre, provoca spesso ansia di nuova caduta e progressiva chiusura degli spazi di vita dell'anziano. – progressiva perdita di ruoli sociali e conseguente minore partecipazione sociale e isolamento familiare e sociale; – presenza di fattori psico-sociali come il basso reddito - lo status socio-economico influirebbe in maniera negativa sulla fragilità, soprattutto in presenza di poli-patologie. Fragilità e qualità della vita La fragilità ha un forte impatto negativo sulla qualità della vita percepita dalla persona anziana. La qualità della vita è la percezione che ciascuna persona ha di sé stessa all'interno del proprio contesto di vita rispetto alla possibilità di realizzare i propri progetti ed obbiettivi e di esaudire i propri desideri ed aspettative. Il peggioramento della qualità della vita è diretta conseguenza della presenza di una condizione di fragilità, con un netto peggioramento dei livelli di autonomia, del benessere psicologico e della partecipazione sociale. Il peggioramento della qualità della vita, inoltre, permette di prevedere un eventuale ulteriore peggioramento della condizione dell'anziano vista la capacità di moderare gli effetti delle circostanze negative. Il percepire una buona qualità della vita, infatti, permetterebbe di fronteggiare meglio gli stress. L'anziano fragile, dunque, viene colpito due volte dalla fragilità. Alcuni studi mostrano che il peggioramento della qualità della vita predice cadute ed ammissione a reparti di emergenza e questo è indicativo del fatto che che il ricorso al Pronto Soccorso non sempre è legata alla percezione di un malessere fisico reale, ma piuttosto è legata alla percezione della propria condizione di vulnerabilità. A conferma di quanto appena detto, alcuni studi hanno trovato che la qualità della vita è correlata con numerosi predittori di ammissione a reparti d'urgenza come depressione, scarso supporto sociale, solitudine . Il peggioramento della qualità della vita, infine, porta ad una progressiva chiusura progettuale dell'anziano che sente di non avere più possibilità da spendere nel quotidiano, non ha più desideri da realizzare … vive solo l'attesa dell'inevitabile. Perchè è importante parlare di fragilità ed identificarla precocemente? Prevenire la fragilità non è possibile dato che essa è condizione insita nel processo di invecchiamento. Parlare di fragilità ed individuarla precocemente significa essere capaci di ridurre al minimo le sue conseguenze avverse, mantenendo più a lungo le autonomie fisiche e funzionali della persona anziana. L'individuazione precoce di indicatori di fragilità permetterà, infatti, la programmazione di interventi individualizzati ad hoc per prevenire gli esiti più avversi - ad es. ospedalizzazioni ripetute, disabilità, morte. Bibliografia - Bilotta, C., Bowling, A., Casè, A., Nicolini, P., Mauri, S., Castelli, M.Vergani, C. (2010).RDimensions and correlates of quality of life according to frailty status: a cross-sectional study on community-dwelling older adults referred to an outpatient geriatric service in Italy. Health and Quality of Life Outcomes; 8:56 - Bilotta, C., Bowling, A., Nicolini, P., Casè, A., Pina, G., Rossi, S., V., Vergani, C. (2011). Older People’s Quality of Life (OPQOL) scores and adverse health outcomes at a one-year follow-up. A prospective cohort study on older outpatients living in the community in Italy. Health and Quality of Life Outcomes; 9:72. - Chang Y-W, Chen W-L, Lin F-G, Fang W-H, Yen M-Y, et al. (2012) Frailty and Its Impact onHealth-Related Quality of Life: A Cross-Sectional Study on Elder Community-Dwelling PreventiveHealth Service Users. PLoS ONE; 7(5): e38079. - Cherubini, A., Mussi, C., Salvioli, G., Senin, U. (2007). La fragilità dell’anziano e la psicogeriatria. PSICOGERIATRIA; I: 9-12. - Fairhall, N. & al. (2011). Treating frailty-a practical guide. BMC Medicine; 9:83. -Giordano, A., Rozzini, R., Trabucchi, M. (2007). La fragilità nell’anziano: una prospettiva clinica. Giornale di Gerontologia; 55:2-6. - Masel, M., C., Graham, J., E., Reistetter, T., A., Markides, T., K., Ottenbacher, K., J. (2009). Frailty and health related quality of life in older Mexican Americans. Health and Quality of Life Outcomes ; 7:70. - Poloni , P., Ghisla , M.K., Loda , C., Baroni, F., Firetto , S., Agostini, C., Manessi,E., Facchi E. (2012). Modalità di intervento per la prevenzione e la riduzione del rischio di cadute in pazienti geriatrici ricoverati presso una unita riabilitativa. Giornale di Gerontologia, 60:82-87. (estratto della relazione del Festival della Cultura Psicologica) di dott.ssa Maria Luisa Abbinante L'anziano fragile by dott.ssa Maria Luisa Abbinante is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License. L'Ordine degli Psicologi Lombardia organizza il Festival della Cultura Psicologica dal 12 al 21 Ottobre, che quest'anno avrà come tema conduttore "La ricerca del benessere". L'obbiettivo della manifestazione è avvicinare i cittadini alla psicologia e alla competenza dello psicologo, che non è un "incantatore di serpenti,", ma un professionista con una formazione scientifica frutto di numerosi anni di studio e formazione pratica, garantita dall'iscrizione ad un ordine professionale. Una delle finalità della manifestazione è proprio di dimostrare che lo Psicologo è un'esperto della mente e del comportamento umano, che si occupa di: - promozione del benessere psicologico, fornendo, al singolo, al gruppo e alle organizzazioni, gli strumenti utili a creare delle condizioni di vita che permettano il rispetto dell'individuo e lo mettano nelle condizioni di esprimere pienamente il proprio potenziale; - prevenzione del disagio psicologico, intervenendo in situazioni di rischio attraverso azioni ad hoc per evitare che il rischio si traduca in disagio conclamato; - sostegno e cura del disagio psicologico, con gli strumenti della consulenza psicologica, o delle tecniche psicoterapeutiche messe in atto dagli Psicologi con specializzazione. Nell'ambito della manifestazione sarà possibile partecipare ai momenti di workshop su tematiche di interesse comune e prenotare un colloquio gratuito con uno psicologo, che ti permetterà di avere un confronto con un esperto su una situazione di malessere personale o di un famigliare e ti orienterà alla strada migliore per risolvere il problema. La fragilità nell'anziano: la depressione e il deterioramento cognitivo. Nell'ambito delle sessioni di workshop, , la dott.ssa Abbinante presenterà il tema "La fragilità nell'anziano: la depressione e il deterioramento cognitivo". Il workshop si terrà il 21 Ottobre alle ore 17.30 presso lo Spazio del Sole e della Luna in via Ulisse Dini 7 - Milano.r effettuare modifiche. di dott.ssa Maria Luisa Abbinante
Il Manuale di Disturbi Psichatrici (DSM IV-TR) definisce la Fobia Sociale come una paura marcata e persistente nel tempo di situazioni sociali o di performance, nelle quali la persona è esposta a persone non familiari o al possibile giudizio degli altri. Situazioni tipiche sono: - parlare o lavorare in pubblico; - iniziare una conversazione; - essere presentati ad altre persone; - essere al centro dell'attenzione; - fare e/o accettare complimenti; - dire e difendere la propria opinione; - partecipare a feste; - ...... Nelle situazioni sociali o di performance temute, gli individui con Fobia Sociale sono preoccupati di rimanere imbarazzati e timorosi di essere giudicati inadeguati, ansiosi, deboli, “pazzi” o stupidi. Tali circostanze provocano nel soggetto una forte attivazione viscerale (sudorazione intensa, tachicardia, rossore nel viso, malessere gastrointestinale, diarrea, nausea, tensione muscolare, .....), che, nei casi più gravi, può assumere le caratteristiche di un attacco di panico. Per tali ragioni il soggetto evita oppure sopporta con notevole ansia e disagio i momenti sociali o di possibile giudizio e spesso sviluppa una notevole ansia anticipatoria prima dell'esposizione alle situazioni temute. Da un recente studio di McManus et al. (2010) emerge un vero e proprio "modo di essere" delle persone con Fobia Sociale, caratterizzato da un senso di distacco (i soggetti riferivano di essere introspettivi e assorbiti dal proprio mondo e di avere difficoltà a guardare fuori da sè) con una connotazione emotiva fortemente negativa (pensiero di esser considerati stupidi, sensazione che tutto sia falso, incertezza circa le cause di un problema e paurosi sulle possibili conseguenze) e una coerente attivazione viscerale. I temi narrativi conseguenti a questa esperienza di sè sono temi legati alla vergogna e all'imbarazzo intensi e incontrollabili, che il soggetto deve nascondere a tutti i costi e che lo portano all'evitamento del mondo circostante e al progressivo isolamento. In situazioni sociali, quindi, queste persone sarebbero completamente assorbite da sè e dal timore di essere giudicate o di non essere all'altezza della situazione con grande vergogna, imbarazzo e scarsa attenzione alle circostanze reali in un circolo vizioso che continua ad autoalimentarsi. Altre caratteristiche associate spesso alla Fobia Sociale sono: - ipersensibilità alla critica; - difficoltà ad essere assertivi; - ridotta possibilità di supporto sociale; - scarse capacità sociali (es. scarso contatto visivo). Può accadere anche che le prestazioni scolastiche o lavorative siano danneggiate dalla difficoltà a parlare in pubblico, in gruppo, ai colleghi o alle persone in posizione di autorità e, nei casi più gravi, questi individui possono decidere di lasciare la scuola, essere disoccupati o possono avere problemi a trovare lavoro per la difficoltà di sottoporsi a colloqui di selezione. Diversi studi evidenziano che il disturbo sia molto stabile nel tempo ed emerga da una storia infantile di timidezza ed inibizione sociale, motivo per cui, nel DSM III, la diagnosi era fusa con il disturbo evitante di personalità, che condivide con la Fobia Sociale la marcata insicurezza sociale, il disagio e la timidezza. L'attuale DSM IV-TR, invece, opera una distinzione tra Fobia Sociale, considerata un disturbo d'ansia e disturbo evitante di personalità. TRATTAMENTO La Fobia Sociale ha una buona risposta al trattamento psicofarmacologico, che, però, da solo non basta a modificare il modo di fare esperienza di sè che caratterizza il disturbo, lavoro possibile solo attraverso un intervento di tipo psicoterapeutico. Per tale ragione la ricerca suggerisce che il trattamento sia integrato (psicofarmacologico e psicoterapeutico). Bibliografia - American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders. 4th ed., revised. Washington, DC: Author; 2000. - McManus, F. , Peerbhoy, D., Larkin, M., & Clark. D. M. (2010). Learning to change a way of being: An interpretative phenomenological perspective on cognitive therapy for social phobia. Journal of Anxiety Disorder, 24(6): 581–589. - Widiger, T. A., & Mullins-Sweatt, S. (2003).Mental Disorders as Discrete Clinical Conditions: Dimensional versus Categorical Classification. In: Hersen, Michel (Ed); Turner, Samuel M. (Ed), (2003). Adult psychopathology and diagnosis (4th ed.)., (pp. 3-35). Hoboken, NJ, US: John Wiley & Sons Inc, xiv, 706 pp. di dott.ssa Maria Luisa Abbinante |
dott.ssa Abbinante
È Psicologa Consulente presso l'UONPIA (Unità Operativa di NeuroPsichiatria dell'Infanza e dell'Adolescenza) della ASST Rhodense di Garbagnate Milanese nell'ambito del Programma Innovativo Regionale “Procedura Operativa dell'emergenza/urgenza psichiatrica in adolescenza”, dove si occupa di diagnosi e trattamento di disturbi psicopatologici con esordio in adolescenza. Si occupa di valutazione e trattamento di esordi psicopatologici nell'infanzia e nell'adolescenza, di interventi di supporto della genitorialità, di sostegno psicologico a persone con malattia cronica e di prevenzione ed intervento precoce nella fragilità dell'anziano. Argomenti trattati nel sito
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Marzo 2020
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