Negli ultimi decenni la letteratura psichiatrica si è concentrata sullo studio dei fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi mentali gravi come le psicosi.
Il modello eziopatogenetico più accreditato è il cosiddetto modello vulnerabilità-stress, che sostiene che l'insorgenza e decorso di una psicosi sia determinato da una vulnerabilità soggettiva unita all'impatto di stress ambientali, che possono scatenare sintomi psicotici attivi. Le principali determinanti di questa vulnerabilità sembrano essere biologici (genetici e legati allo sviluppo neurologico) e la sua espressione come disturbo franco è influenzato da entrambi i trigger, psicosociali e fisici (ad esempio abuso di sostanze). Il concetto di stati mentali a rischio rimanda alla cosiddetta fase prodromica della psicosi, ovvero una fase in cui non sono ancora presenti sintomi psicotici tout court, ma il soggetto incomincia a presentare delle alterazioni emotive, cognitive e del comportamento peculiari, che gli studi longitudinali hanno mostrato essere presenti nel circa 40% dei soggetti diagnosticati come esordio psicotico (vedi gli studi di Young e Mc Gorry e la letteratura psichiatrica recente di stampo anglofono). È importante precisare che gli stati mentali a rischio e i prodromi indicano una aumentata vulnerabilità allo sviluppo di un disturbo psicotico e/o un disturbo psichiatrico maggiore. Young e Mc Gorry definiscono stati mentali a rischio quel set di sintomi che la letteratura mostra essere caratteristico della fase di transizione (la cosiddetta fase prodromica) verso l'esordio psicotico. Tali sintomi comprendono: sintomi psicotici attenuati, ovvero sintomi di stampo psicotico (umore delirante, idee di riferimento, esperienze percettive insolite) con intatto esame di realtà, quindi ben criticati dal soggetto, ma di intensità e/o frequenza insufficiente; sintomi psicotici brevi e intermittenti, ovvero sintomi francamente psicotici ma con rapida remissione spontanea. Tra gli stati mentali a rischio vanno annoverati anche i soggetti che presentano dei sintomi del tutto aspecifici (anche banalmente sintomi di ansia), ma che presentano anche un importante deterioramento del funzionamento psico-sociale e una familiarità positiva per psicosi. Gli stati mentali a rischio rientrano nel quadro più generale dei sintomi prodromici, che sono un eterogeneo gruppo di comportamenti correlati con una franca psicosi, ovvero:
Cosa avviene durante la fase prodromica? La fase prodromica è caratterizzata da una percezione di fortissimo stress interno o esterno, che il soggetto non riesce a spiegare o di cui non riesce ben a riconoscere la causa (fase di irritazione). C'è la comparsa dei cosiddetti sintomi di base: disturbi dell'attenzione/concentrazione; disturbi della forma del pensiero – che si blocca, è accellerato, confuso, vuoto; disturbi della comprensione – es. mancata comprensione delle metafore e comprensione letterale; disturbi della memoria; funzionamento emotivo ridotto; alterazione dell'affettività, ovvero espressione facciale, contatto oculare, eloquio e affettività inappropriata. Il soggetto percepisce, in questa fase, una atmosfera nuova e inconsueta a cui non riesce a dare un senso e un significato. Tale percezione si intensifica progressivamnte con un effetto dirompente sull'assetto psicologico fino a quel momento. Ecco che il soggetto ricerca una nuova spiegazione e una nuova cornice di significato per cercare di dare senso alle esperienze inconsuete. Tale spiegazione è cercata all'esterno, ovvero c'è una proiezione all'esterno della causa dei cambiamenti esperenziali (fase di esternalizzazione). Le percezioni, le azioni e le sensazioni corporee strane ed insolite vengono esperite “come se” fossero dei “fatti dall’esterno” e i pensieri uditi “come se” fossero vocalizzati da voci esterne (esperienze di passività di Schneider: idee di influenzamento somatico; senso di azioni imposte; furto ed influenzamento del pensiero). Il contenuto del pensiero diviene insolito, l'umore delirante, il paziente appare perplesso rispetto alle proprie esperienze e compaiono idee di riferimento e idee non bizzare. Compaiono, quindi, i primi sintomi positivi, caratteristici della schizofrenia, sebbene in maniera più sfumata e incompleta. Il mantenersi nel tempo di tali esperienze porta ad una maggiore strutturazione della sintomatologia psicotica (fase di concretizzazione). Se nella fase precedente il paziente era ancora critico e perplesso dalle spiegazione “come se” delle sue esperienze, ora c'è una concretizzazione della spiegazione insolita dell'esperienza, non più passibile di critica. Individuare per intervenire precocemente L'obiettivo della precoce individuazione di stati di vulnerabilità, ovvero di stati mentali a rischio, è di predisporre degli interventi tempestivi. Tali interventi possono avere come target sia i soggetti in fase prodromica o che presentano uno stato mentale a rischio sia soggetti con esordio psicotico vero e proprio. Quando si parla di intervento precoce, il primo obiettivo è quello di ridurre la DUP (Duration of Untreated Psychosis), ovvero il periodo che intercorre tra l’esordio dei primi sintomi di natura psicotica e il primo trattamento terapeutico, che in media è di 6/18 mesi. Minore DUP, infatti, si correla a:
Si può guarire dalla psicosi? La maggior parte dei giovani che vivono il loro primo episodio psicotico fa un recupero completo, anche se una minoranza significativa (circa il 10-20%) svilupperà sintomi persistenti. La traiettoria di recovery è abbastanza variabile. Una volta che il trattamento viene istituito, alcune persone miglioreranno lentamente, ma inesorabilmente, mentre altri passeranno attraverso un periodo di apparente mancanza di progressi e per poi fare sbalzi di benessere. Una volta raggiunta una recovery, l'obiettivo sarà il mantenimento e la promozione del benessere per evitare delle ricadute, Ogni ricaduta è un rischio potenziale per lo sviluppo di una compromissione e disabilità duratura e contribuisce allo sviluppo di una resistenza al trattamento. Bibliografia Besozzi, M., Comai, A., Garbazza, C., Provenzani, U., Boso, M. (2012). Diagnosi precoce e intervento tempestivo nei disturbi psicotici. Bollettino della Società Medico Chirurgica di Pavia 125(1):29-36. Edwards, J., McGorry, P., D. (2004). Intervento precoce nelle psicosi. Guida per l'organizzazione di servizi efficaci e tempestivi. Centro scientifico Editore, Italia. Philips LJ, Yung A, Mc Gorry PD et al. (2005). Mapping the onset of psychosis: the Comprehensive Assessment of At-Risk Mental States. Aust N Zeal J Psychiatry; 39:964-971. Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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Le ricerche epidemiologiche, negli ultimi anni, hanno mostrato un incremento dei tassi di prevalenza dei disturbi psichici in età evolutiva. In particolare è emerso che circa il 10% dei ragazzi compresi nella fascia d'età 14/18 (pre-adolescenti e adolescenti) soffrono di un disturbo psichico di diversa natura.
In tutti i campi della medicina e della salute si diffonde la cultura della prevenzione. Prevenzione, riprendendo la definizione del World Health Organization, non significa soltanto creare le condizioni affinché una condizione di rischio non si verifichi (prevenzione primaria), ma è anche diagnosi precoce (prevenzione secondaria) e intervento tempestivo (prevenzione terziaria). Da qui la necessità, sostenuta a più voci, di individuare precocemente i disturbi psicopatologici gravi (es. le psicosi) con esordio in epoca adolescenziale, al fine di un trattamento precoce. L'intervento precoce, infatti, aumenterebbe la recovery dei pazienti, con un minore rischio di cronicizzazione del disturbo, minori tassi di disabilità e compromissione del funzionamento generale, sociale e lavorativo e minore ricorso al ricovero ospedaliero. In effetti, da più fronti, la ricerca ha evidenziato che il mancato intervento, nei casi di disturbi psicopatologici gravi, porta ad una progressiva perdita delle abilità cognitive e sociali del soggetto, che, a loro volta, offrono un terreno fertile ad un ulteriore peggioramento sintomatologico e comportamentale. Il Piano Nazionale Salute Mentale (2013) sostiene la necessità di dare avvio ad esperienze cliniche sperimentali dedicate alla fascia adolescenziale, ponendo particolare attenzione agli esordi di disturbi psicologici gravi e alla necessità di integrazione con i servizi di salute mentale dedicati agli adulti. Il trattamento dei disturbi psichici nella fascia d'età adolescenziale, infatti, presenterebbe non poche criticità, tra cui: la scarsa afferenza di adolescenti e pre-adolescenti alle unità operative di neuropsichiatria dell'infanzia e adolescenza, che rimangono entro il 4% nonostante la stima della psicopatologia si attesti attorno al 10%; le difficoltà nella gestione delle acuzie psichiatriche in adolescenza, a causa del numero esiguo di posti letto e di reparti di neuropsichiatria atti ad accogliere le urgenze, che porta spesso a dei ricoveri impropri; il passaggio della presa in carico dalla neuropsichiatria alla psichiatria al compimento del 18°anno di età, spesso difficoltoso a causa della mancata integrazione dei servizi. Costruire un servizio dedicato alla diagnosi e trattamento precoce dei disturbi psicopatologici in adolescenza significa, quindi, porsi in un'ottica di:
Come detto sopra, parlare di diagnosi precoce è particolarmente importante quando si affronta il tema delle psicosi. La ricerca, negli ultimi anni, ha sostenuto la possibilità di individuare precocemente situazioni di rischio di esordio psicotico, gli Ultra High Risk o Stati Mentali a Rischio, che individuano soggetti, considerati a rischio di sviluppare un disturbo grave, sulla base della presenza di segni e sintomi considerati prodromi dei distubi psicotici (Edwards & McGorry, 2002), Più in generale possiamo distinguere diversi stadi che portano alla manifestazione psicotica, che sono:
Hafner (1996) sostiene che, in media, tra la comparsa dei primi segni di malattia e l'esordio psicotico acuto passano circa 5 anni, periodo che potrebbe essere sfruttato per attivare interventi volti a prevenire la comparsa della franca psicosi o a minimizzarne le conseguenze: l'intervento precoce, infatti, produce effetti favorevoli a lungo termine sul decorso dei sintomi negativi, depressivi e cognitivi, oltrechè sul funzionamento sociale dei soggetti. Intervenire al fine di riddurre la durata della psicosi non trattata (DUP), quindi, significa migliorare l'outcome e la recovery di tali soggetti. Tale possibilità di maggiore recupero in caso di intervento precoce deriva dalla teoria del deficit neuromaturazionale, la teoria più accreditata in questo momento sull'eziologia delle psicosi e della schizofrenia, che postula che ci sarebbe una vulnerabilità biologica (innata o acquisita) alla psicosi, quella che molti autori chiamano schizotipia. Non necessariamente tale vulnerabilità porta alla psicosi franca, ma può esitare in una serie di sintomi o quadri sub clinici, come disturbi schizoidi o schizotipici. Tale vulnerabilità rimarrebbe latente per tutta la prima infanzia (sebbene possano esserci alcuni elementi che, a posteriori, sono valutati come fattori di rischio permanenti), per poi essere pienamente espressa a partire dall'adolescenza, con la quasi completa maturazione del sistema nervoso centrale. Se la teoria del deficit neuro-maturazionale è vera, quindi, permettere ai soggetti che presentano segni di rischio di accedere ad interventi terapeutici e di sostegno dovrebbe diminuire l'impatto di tale deficit e interrompere la spirale che porta al graduale peggioramento dei sintomi. Bibliografia
di dott.ssa Maria Luisa Abbinante Esordi Psicopatologici in adolescenza: la necessità di integrazione, diagnosi precoce e trattamento tempestivo. didott.ssa Maria Luisa Abbinante è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale. Dal mese di Febbraio 2013 Auser ha attivato un servizio psico-sociale sperimentale dedicato alle persone anziane residenti nel corsichese (Assago, Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, Cusago), grazie al finanziamento ricevuto dalla Fondazione Banca del Monte Lombardia. Di cosa si tratta? Mission del servizio, che si propone come un intervento di prevenzione primaria e secondaria, è l'individuazione precoce del disagio emotivo e psicologico nell'anziano e la promozione di uno stile di vita attivo e partecipativo, al fine di migliorare la qualità della vita della persona anziana e preservare e mantenere più a lungo nel tempo la sua autonomia e l'indipendenza. A tal fine il servizio offre:
Chi si può rivolgere? Le persone anziane che nella loro vita quotidiana sperimentano difficoltà quali tristezza, solitudine, isolamento, scarsa voglia di intraprendere attività o di vedere persone, difficoltà di memoria e concentrazione. Come? Chiamando il numero 02/36708609 o recandoti presso la sede Auser di Corsico in via Falcone 5 potrai chiedere maggiori informazioni sul servizio e un primo appuntamento con lo psicologo. con la collaborazione della dott.ssa Maria Luisa Abbinante
La letteratura gerontologica suggerisce che parlare di anziani significa parlare di fragilità, poiché la fragilità è una condizione propria dell'età senile e all'aumentare dell'età aumenta la fragilità.
Il termine fragilità identifica una condizione di rischio e di vulnerabilità, caratterizzata da un equilibrio instabile di fronte a eventi negativi. L’anziano, per motivi legati al processo d’invecchiamento e alle malattie intercorrenti, diviene più vulnerabile e meno capace di conservare una condizione di benessere fisico e psichico in seguito ad eventi stressanti. La letteratura riporta che la fragilità è connessa con peggioramento della salute ed aumento del rischio di ospedalizzazione, istituzionalizzazione, cadute e morte. La presenza di una condizione di fragilità, dunque, espone al rischio di sviluppare una condizione di disabilità nel breve periodo. Chi è l'anziano fragile? L'anziano fragile, dunque, è una persona: – con età superiore ai 65 anni; – con una condizione di salute instabile - presenza di numerose patologie e assunzione di diversi farmaci, ripetute ospedalizzazioni o ricoveri per patologie acute, dimagrimento involontario; – con evidente deterioramento di funzioni e strutture fisiche e psicologiche - compromissione della vista, lutto o depressione senile, deterioramento cognitivo o diagnosi di demenza; – con limitazioni nell'attività fisica - per minore resistenza e affaticamento o per paura di cadere. La caduta è un fattore di rischio importante indicatore di peggioramento della qualità della vita poiché correlata con inizio della dipendenza, perdita di autonomia, disabilità e istituzionalizzazione. Essa, inoltre, provoca spesso ansia di nuova caduta e progressiva chiusura degli spazi di vita dell'anziano. – progressiva perdita di ruoli sociali e conseguente minore partecipazione sociale e isolamento familiare e sociale; – presenza di fattori psico-sociali come il basso reddito - lo status socio-economico influirebbe in maniera negativa sulla fragilità, soprattutto in presenza di poli-patologie. Fragilità e qualità della vita La fragilità ha un forte impatto negativo sulla qualità della vita percepita dalla persona anziana. La qualità della vita è la percezione che ciascuna persona ha di sé stessa all'interno del proprio contesto di vita rispetto alla possibilità di realizzare i propri progetti ed obbiettivi e di esaudire i propri desideri ed aspettative. Il peggioramento della qualità della vita è diretta conseguenza della presenza di una condizione di fragilità, con un netto peggioramento dei livelli di autonomia, del benessere psicologico e della partecipazione sociale. Il peggioramento della qualità della vita, inoltre, permette di prevedere un eventuale ulteriore peggioramento della condizione dell'anziano vista la capacità di moderare gli effetti delle circostanze negative. Il percepire una buona qualità della vita, infatti, permetterebbe di fronteggiare meglio gli stress. L'anziano fragile, dunque, viene colpito due volte dalla fragilità. Alcuni studi mostrano che il peggioramento della qualità della vita predice cadute ed ammissione a reparti di emergenza e questo è indicativo del fatto che che il ricorso al Pronto Soccorso non sempre è legata alla percezione di un malessere fisico reale, ma piuttosto è legata alla percezione della propria condizione di vulnerabilità. A conferma di quanto appena detto, alcuni studi hanno trovato che la qualità della vita è correlata con numerosi predittori di ammissione a reparti d'urgenza come depressione, scarso supporto sociale, solitudine . Il peggioramento della qualità della vita, infine, porta ad una progressiva chiusura progettuale dell'anziano che sente di non avere più possibilità da spendere nel quotidiano, non ha più desideri da realizzare … vive solo l'attesa dell'inevitabile. Perchè è importante parlare di fragilità ed identificarla precocemente? Prevenire la fragilità non è possibile dato che essa è condizione insita nel processo di invecchiamento. Parlare di fragilità ed individuarla precocemente significa essere capaci di ridurre al minimo le sue conseguenze avverse, mantenendo più a lungo le autonomie fisiche e funzionali della persona anziana. L'individuazione precoce di indicatori di fragilità permetterà, infatti, la programmazione di interventi individualizzati ad hoc per prevenire gli esiti più avversi - ad es. ospedalizzazioni ripetute, disabilità, morte. Bibliografia - Bilotta, C., Bowling, A., Casè, A., Nicolini, P., Mauri, S., Castelli, M.Vergani, C. (2010).RDimensions and correlates of quality of life according to frailty status: a cross-sectional study on community-dwelling older adults referred to an outpatient geriatric service in Italy. Health and Quality of Life Outcomes; 8:56 - Bilotta, C., Bowling, A., Nicolini, P., Casè, A., Pina, G., Rossi, S., V., Vergani, C. (2011). Older People’s Quality of Life (OPQOL) scores and adverse health outcomes at a one-year follow-up. A prospective cohort study on older outpatients living in the community in Italy. Health and Quality of Life Outcomes; 9:72. - Chang Y-W, Chen W-L, Lin F-G, Fang W-H, Yen M-Y, et al. (2012) Frailty and Its Impact onHealth-Related Quality of Life: A Cross-Sectional Study on Elder Community-Dwelling PreventiveHealth Service Users. PLoS ONE; 7(5): e38079. - Cherubini, A., Mussi, C., Salvioli, G., Senin, U. (2007). La fragilità dell’anziano e la psicogeriatria. PSICOGERIATRIA; I: 9-12. - Fairhall, N. & al. (2011). Treating frailty-a practical guide. BMC Medicine; 9:83. -Giordano, A., Rozzini, R., Trabucchi, M. (2007). La fragilità nell’anziano: una prospettiva clinica. Giornale di Gerontologia; 55:2-6. - Masel, M., C., Graham, J., E., Reistetter, T., A., Markides, T., K., Ottenbacher, K., J. (2009). Frailty and health related quality of life in older Mexican Americans. Health and Quality of Life Outcomes ; 7:70. - Poloni , P., Ghisla , M.K., Loda , C., Baroni, F., Firetto , S., Agostini, C., Manessi,E., Facchi E. (2012). Modalità di intervento per la prevenzione e la riduzione del rischio di cadute in pazienti geriatrici ricoverati presso una unita riabilitativa. Giornale di Gerontologia, 60:82-87. (estratto della relazione del Festival della Cultura Psicologica) di dott.ssa Maria Luisa Abbinante L'anziano fragile by dott.ssa Maria Luisa Abbinante is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License. |
dott.ssa Abbinante
È Psicologa Consulente presso l'UONPIA (Unità Operativa di NeuroPsichiatria dell'Infanza e dell'Adolescenza) della ASST Rhodense di Garbagnate Milanese nell'ambito del Programma Innovativo Regionale “Procedura Operativa dell'emergenza/urgenza psichiatrica in adolescenza”, dove si occupa di diagnosi e trattamento di disturbi psicopatologici con esordio in adolescenza. Si occupa di valutazione e trattamento di esordi psicopatologici nell'infanzia e nell'adolescenza, di interventi di supporto della genitorialità, di sostegno psicologico a persone con malattia cronica e di prevenzione ed intervento precoce nella fragilità dell'anziano. Argomenti trattati nel sito
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Marzo 2020
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