DOTT.SSA MARIA LUISA ABBINANTE PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA
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DOTT.SSA MARIA LUISA ABBINANTE
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA

Emergenza Covid-19. Consigli di benessere psicologico durante la quarantena.

23/3/2020

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 Siamo ormai giunti alla fine della seconda settimana di quarantena, dopo il DPCM del 7 Marzo u.s. e successivi, che prima consigliavano caldamente e poi disponevano, con sanzioni penali in caso di infrazione, l’isolamento di ciascuno nella propria abitazione, a fine di evitare l’ulteriore diffusione del virus covid-19.

Ma quali sono gli effetti della quarantena sul benessere psicologico dell’individuo?
È indubbia la necessità di tale misura restrittiva della libertà di ognuno, in un momento tragico della storia dell’umanità; pertanto il primo assunto deve essere quello di seguire quanto le Autorità Competenti ci dicono di fare (#iorestoacasa).
Come ciascuno di noi ha sperimentato nelle scorse settimane, però, tale isolamento diventa sempre più faticoso da sopportare.
Una recente review pubblicata su Lacet (Brooks & co., 2020) si concentra proprio sulle conseguenze e i rischi psicologici della misura di quarantena.
La separazione dalle persone più care, la perdita della libertà personale, l’incertezza sul proprio stato di salute o di malattia e la noia possono avere degli effetti severi sulla psiche degli individui. Studi epidemiologici su soggetti sottoposti a misure di quarantena evidenziano, infatti, la prevalenza di sintomi post traumatici, depressione, stress, irritabilità, ansia, insonnia, rabbia e esaurimento emotivo, con un permanere di un disagio psicologico anche per mesi e/o anni dalla fine della quarantena. Anche dopo settimane o ad un anno dalla fine del periodo di quarantena, ad esempio, le persone continuavano a presentare comportamenti evitamento di luoghi o persone e comportamenti di controllo quali l’attento lavaggio delle mani. Molte persone riferivano, inoltre, la difficoltà a ritornare ad una “normalità” per molto tempo dopo la fine della quarantena.
Ciò che sembra avere un maggiore impatto sul distress psicologico, oltre ai fattori personali già citati, sono: prima di tutto, la durata della quarantena, che, quindi, deve essere protratta solo per il tempo effettivamente necessario e non deve essere prolungata oltre; la paura di essere infettati ha un ruolo considerevole nel generare stress soggettivo; la frustrazione e la noia, legati alla riduzione o alla sospensione delle attività giornaliere in cui ciascuno era impegnato; il timore di non avere abbastanza provviste o possibilità di approvvigionamento; infine, la confusione legata alle informazioni inadeguate ricevute. Riguardo a quest’ultimo punto, sembra utile dare alla popolazione sottoposta a quarantena delle linee guida chiare sulle azioni da mettere in atto, la natura del virus e la possibile durata della quarantena, evitando il più possibile messaggi ambivalenti o passibili di interpretazione.
Fattori predittivi di un peggiore impatto negativo della quarantena risultano la giovane età (16-24 anni), la minore scolarizzazione, il sesso femminile e l'avere un solo figlio (avere tre o più figli è risultato fattore protettivo). In tal senso non tutti gli studi sono, però, concordi.
Altri fattori di rischio sono il possedere una storia personale di sintomi psichiatrici o essere impiegato nel settore delle professioni sanitarie. In particolare, i sanitari sarebbero maggiormente esposti al rischio di sviluppare sintomi post traumatici, rabbia, fastidio, paura, frustrazione, senso di colpa, impotenza, isolamento, solitudine, nervosismo, tristezza, preoccupazione oltre ad essere maggiore oggetto di stigmatizzazione in caso essi stessi siano stati sottoposti a misure di isolamento. La stigmatizzazione è risultato uno dei fattori di rischio maggiori sia durante la quarantena e che nel post quarantena: diversi lavoro scientifici mostrano, infatti, che i sanitari sottoposti a periodo di quarantena erano frequentemente oggetto di stigma o rifiuto sociale, ad esempio erano evitati attivamente, perdevano possibilità di coinvolgimento in iniziative sociali, erano trattati con paura e sospetto o con commenti critici.

Quali fattori, dunque, possono avere un effetto virtuoso nel mitigare gli effetti di distress psicologico della quarantena?
Abbiamo già citato l’importanza del dare delle informazioni chiare circa i comportamenti da attuare e da evitare, oltrechè sulla natura del rischio infettivo o sulla necessità di prevedere adeguate forme di approvvigionamento. ​
Risulta efficace, inoltre dare delle informazioni pratiche sulla gestione del tempo e sulla gestione dello stress, per ostacolare le eventuali emozioni di angoscia alimentate dalla noia e dall’isolamento. In tal senso, è utile attivare una rete sociale personale, che ha un effetto di riduzione delle emozioni di ansia e angoscia, oltre che di rassicurazione riguardo al proprio e altrui stato. La possibilità di accedere, tuttavia, anche ad una rete di esperti risulta importante nel ridurre le emozioni negative e nella gestione dell’eventuale comparsa di sintomi, che potrebbero essere male interpretati o per predisporre celeri interventi nel caso emergano sintomi tipici del virus. Infine, risulta molto positiva l’influenza di comportamenti prosociali e di altruismo, ovvero di aiuto alle perone più fragili, nel ridurre lo stress da quarantena.

​Cosa fare, dunque, per affrontare la quarantena?
L'Ordine Nazionale Psicologi suggerisce piccoli accorgimenti da attuare nella quotidianità, per contenere le emozioni di ansia e preoccupazione e mantenere un approccio realista rispetto agli avvenimenti.
Tre buone pratiche per affrontare il coronavirus
  1. Evitare la ricerca compulsiva di informazioni, che rischiano di avere un effetto di aumento dell'ansia e della preoccupazione. Bisogna tener conto che le informazioni che i media diffondono in rapida successione creano uno stato di “allarme psicologico permanente”, che provoca una aumentata percezione dei rischi, che spinge ad una ulteriore ricerca ossessiva di informazioni più rassicuranti. Di fatto, però, i media sono orientati all'aumentare l'attenzione verso il problema e propongono prevalentemente informazioni allarmanti. Si crea, così, un circolo vizioso in cui le paure e ansie personali sono continumente alimentate e spingono alla ricerca di ulteriori informazioni.
  2. Usare e diffondere fonti informative affidabili. E’ bene attenersi a quanto conosciuto e documentabile. Quindi: basarsi SOLO su fonti informative ufficiali, aggiornate e accreditate (Ministero della Salute: www.salute.gov.it/nuovocoronavirus e Istituto Superiore di Sanità: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus)
  3. Un fenomeno collettivo e non personale. Il Coronavirus non è un fenomeno che ci riguarda individualmente. Ci dobbiamo proteggere come collettività responsabile, usando le regole suggerite dall'Istituto Superiore di Sanità. L'uso regolare di queste buone pratiche riduce significativamente il rischio di contagio per sé, per chi ci è vicino e per la collettività tutta.

Buone pratiche
L’Istituto Superiore di Sanità indica semplici azioni di prevenzione individuale.
Eccole qui riassunte:
  • Evita il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute.
  • Il lavaggio e la disinfezione delle mani sono la chiave per prevenire l’infezione.
  • Bisogna lavarsi le mani spesso e accuratamente con acqua e sapone per almeno 20 secondi, fino ai polsi. Se acqua e sapone non sono a portata di mano, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcol con almeno il 60% di alcol.
  • Il virus entra nel corpo attraverso gli occhi, il naso e la bocca, quindi evita di toccarli con le mani non lavate.
  • Copri bocca e naso se starnutisci o tossisci; usa fazzoletti monouso.
  • Usa la mascherina solo se sospetti di essere malato o assisti persone malate.
  • Non prendere farmaci antivirali né antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico.
  • Contatta il numero verde 1500 se sei tornato dalla Cina da meno di 14 giorni e hai febbre o tosse.
  • Se stai male e hai sintomi compatibili con il Coronavirus, contatta telefonicamente il tuo medico di base o il 118, senza recarti direttamente in ambulatorio o in Pronto Soccorso (per ridurre eventuali rischi di contagio a terzi o al personale sanitario).
  • Rispetta rigorosamente solo i provvedimenti e indicazioni ufficiali delle Autorità di Sanità Pubblica: sono una tutela preziosa per te e per tutti.

L’uso regolare di queste azioni elementari riduce significativamente i rischi di contagio per sé, chi ci è vicino e la collettività tutta.

Se, nonostante questi accorgimenti, l'ansia e la preoccupazione diventano eccessive, Non ti vergognare di chiedere aiuto.
Tutti possiamo avere necessità, in certi momenti o situazioni, di un confronto, una consulenza, un sostegno, anche solo per avere le idee più chiare su ciò che proviamo e gestire meglio le nostre emozioni, e questo non ci deve far sentire “deboli”.
La comunità degli psicologi si è organizzata per consulenze a distanza per offrire il giusto supporto a chi ne ha bisogno.

Bibliografia
- Brooks, S., K., Webster, R., K., Smith, L., E., Wooland, L., Wessely, S., Greenberg, N., et al. (2020). The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. Published: February 26, 2020 DOI:https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30460-8
​- CNOP (2020). VADEMECUM PSICOLOGICO CORONAVIRUS PER I CITTADINI. Perché le paure possono diventare panico e come proteggersi con comportamenti adeguati, con pensieri corretti e emozioni fondate. Consultabile su: https://www.psy.it/vademecum-psicologico-coronavirus-per-i-cittadini-perche-le-paure-possono-diventare-panico-e-come-proteggersi-con-comportamenti-adeguati-con-pensieri-corretti-e-emozioni-fondate


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9 Ottobre 2017 iniziativa "Studi aperti": vieni a conoscere la psicologa!

28/8/2017

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Il 10 Ottobre 2017 si celebrerà per il secondo anno consecutivo la "Giornata Nazionale della Psicologia".
Lunedì 9 Ottobre 2018, nell'ambito di tali celebrazioni, la dott.ssa Maria Luisa Abbinante, psicologa-psicoterapeuta, sarà a disposizione delle persone che si prenoteranno per rispondere a domande relative ai servizi offerti, tipologie di intervento, percorsi, tempi e costi.
Prenota la tua visita attraverso il form che troverai in fondo alla pagina e non dimenticare di lasciare il tuo numero di cellulare!
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Penso che sia stress...

6/1/2016

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Finite le tanto desiderate vacanze e ripreso il solito tran tran quotidiano, è alto il rischio di ritornare in fretta nell'occhio del ciclone dei mille impegni familiari e professionali, con un innalzamento dei livelli di stress che rischia di vanificare in breve tempo gli effetti positivi del maggiore riposo delle vacanze.

Cosa è lo stress? Come fare per non rimanere di nuovo sue vittime?
Lo stress è una risposta non specifica dell'organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso. Qualunque richiesta, anche la più banale, causa uno stress perchè richiede all'organismo di modificarsi ed adattarsi alla nuova condizione (sindrome di adattamento).
Di fronte ad uno stimolo stressante (stressor), il soggetto cercherà una forma di adattamento: valuterà l’evento che deve essere affrontato, cercando una strategia per farvi fronte. Se, nel breve termine, sarà capace di reagire alle pressioni cui è sottoposto, recuperando la condizione di equilibrio iniziale, le pressioni possono essere considerate positive: si parla di eustress o stress positivo. Se, al contrario, le condizioni sfavorevoli supereranno le capacità e le risorse del soggetto oppure saranno prolungate nel tempo, l’individuo diventerà incapace di reagire e offrirà risposte poco adattive: questo viene definito distress o stress negativo. Il distress è associato ad un vissuto di minaccia e può essere causato da una mancanza/carenza di risorse per far fronte al problema oppure da uno stress che dura a lungo nel tempo (stress cronico).
Contrariamente a quello che si può comunemente pensare, la totale mancanza di stress è negativa, poiché è associata ad una situazione di letargia, apatia, mancanza di entusiasmo, noia. In una situazione di benessere, infatti, l'individuo deve avere una minima fonte di sollecitazione, di eustress, che lo stimola. La presenza di stress positivo, di eustress, è associata ad una condizione di successo, positività, energia.

Come faccio a distinguere uno stress positivo ed uno stress negativo?
La percezione dello stress è fortemente soggettiva ed è mediata sia dalle caratteristiche dello stressor, che dalle caratteristiche e risorse del soggetto.
Tanto più la fonte di stress è intensa o prolungata nel tempo, tanto più questa causerà un disagio nelle persone.
Due persone nella stessa situazione, invece, avranno una capacità di fronteggiare lo stress completamente differente, che dipenderà dalle caratteristiche personali, che porteranno ciascuno a privilegiare un tipo di risposta piuttosto che altre, in base a ciò che sa fare meglio o alle proprie esperienze personali.
Un ruolo importante è, inoltre, svolto dagli gli apprendimenti, che determinano la possibilità di riproporre strategie che si sono già rivelate efficaci in passato.

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Ma che cosa è l'adattamento? In che cosa consiste?
Ogni volta che uno stressor perturba l'equilibrio, l'organismo cerca di ritrovare l'omeostasi, ovvero l'equilibrio perduto, attraverso reazioni fisiche, mentali, neurofisiologiche. Le possibili risposte allo stress possono essere:
  • resistenza: lo stress è tempestivamente fronteggiato con le proprie risorse, che, in breve tempo, neutralizzano gli effetti negativi dello stressor. Non ci sono ripercussioni e si ritorna alla situazione di benessere precedente.
  • resilienza: lo stress è fronteggiato con una reazione temporaneamente disfunzionale, fino a che l'individuo non individua una strategia che porta ad un nuovo adattamento. In questo caso lo stress rompe l'equilibrio precedente, ma l'individuo riesce a trovare una nuova forma di equilibrio e benessere, seppur diversamente da quanto era presente prima dell'azione dello stressor.
  • vulnerabilità: le risorse non sono sufficientemente “robuste, ridondanti e rapide” per superare lo stress, che causa una disfunzione persistente.
In una situazione di stress, quindi, l'obiettivo che l'individuo e l'organismo perseguirà, sarà la ricerca di un adattamento alla situazione.
L'adattamento è un'attività complessa e consiste nella messa in atto di azioni finalizzate alla gestione o soluzione dei problemi, alla luce della risposta soggettiva suscitata dagli eventi fonte di stress.
Le azioni volte ad accrescere l'adattamento potranno essere rivolte sia al soggetto, che modificherà qualcosa nel suo funzionamento attuale per consentire il raggiungimento di un nuovo equilibrio, sia all'ambiente, che sarà modificato o riorganizzato alla luce delle nuove esigenze.
Si parla di sindrome generale di adattamento proprio per indicare la risposta del soggetto ad una situazione di stress. Tale sindrome si articola in tre fasi:
  1. Allarme: l'organismo risponde agli stressors mettendo in atto meccanismi di fronteggiamento (coping) sia fisici che mentali, come l'aumento del battito cardiaco, della pressione sanguigna, del tono muscolare e del livello di arousal (attivazione psicofisiologica) per garantire una capacità di reazione più efficace.
  2. Resistenza: il corpo tenta di combattere e contrastare gli effetti negativi della situazione stressante, producendo risposte ormonali specifiche, nel tentativo di recuperare il benessere.
  3. Esaurimento: se gli stressors continuano ad agire, il soggetto può venire sopraffatto e possono prodursi effetti sfavorevoli permanenti a carico della struttura psichica e/o somatica (ansia, depressione, disturbi gastrointestinali, disturbi del sonno, disturbi sessuali, ...).

Suggerimenti per migliorare la capacità di far fronte allo stress al lavoro
  • Prenditi mezzo minuto di silenzio prima di incominciare la giornata lavorativa
  • Prima di incomiciare un compito impegnativo porta l'attenzione ai successivi 5 respiri
  • Resta in contatto con il mondo esterno durante la giornata (es. manda un messaggio al tuo partner o alla tuo/a amico/a)
  • Prendi una pausa a metà mattina e a metà pomeriggio
  • Premiati dopo un compito complesso o faticoso (es. un cioccolatino, un massaggio, una seduta dal parrucchiere, ...).
  • Instaura un rituale di chiusura a fine giornata (es. ascoltare la musica preferita, ...)
  • Usa il senso dell'umorismo

di dott.ssa Maria Luisa Abbinante
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Stress da rientro dalle vacanze: come combatterlo?

6/1/2016

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Ogni anno, alla fine delle vacanze si desidera che quella sensazione di benessere e relax conquistata non ci abbandoni tanto in fretta. Eppure alto è il rischio di riprendere quelle cattive abitudini che avevano portato all'esaurimento psico-fisico prima della partenza, tornando rapidamente a lasciarsi travolgere da mille impegni familiari e professionali.
​
Cosa fare per combattere lo stress della sindrome da rientro?
Il rientro dalle vacanze è vissuto, il più delle volte, come la fine del tempo da dedicare a sé, alo svago e al divertimento, oltreché alle cose che più ci piace fare.
Ma chi ha detto che in città non si possano ricreare delle situazioni simili a quelle che tanto hanno permesso il ristoro psico-fisico durante le vacanze? Questo è un pregiudizio comune, che rischia più di tutto di generare un cortocircuito di stress negativo.

Ecco che il primo obiettivo del rientro deve essere quello di organizzare delle occasioni positive, stimolanti e rilassanti: un week-end con gli amici, una cena nel locale preferito, un pomeriggio in spa, un aperitivo con le amiche, qualunque cosa
vi piaccia fare. Per stare bene le persone hanno bisogno di avere una minima fonte di sollecitazione, di eustress. La presenza di stress positivo è associata ad una condizione di benessere, successo, positività, energia, mentre la totale mancanza di stimoli è negativa, poiché, a lungo andare, genera noia e apatia. Passare il week-end sul divano a ricordare con malinconia il periodo di ferie è controproducente.
Secondo obiettivo sarà quello di favorire le attività all'aria aperta, come camminate al parco, giri in bici, escursioni nei dintorni. Durante le vacanze aumentano le attività all'aria aperta, che mettono in moto il corpo e favoriscono il relax e la possibilità di "staccare la spina" con il lavoro e gli impegni: perchè non provare a mantenere questa sana abitudine?
Terzo obiettivo sarà dedicarsi alla cura di sé, ad esempio preparando i piatti preferiti e riprendendo l'attività sportiva, beneficiando degli effetti positivi del movimento.

E al lavoro? Per mantenere nel tempo la condizione di rilassamento e benessere conquistata durante le vacanze anche al lavoro prova a:

  1. dedicare a te stesso mezzo minuto di silenzio prima di incominciare la giornata lavorativa;
  2. concentrarti su 5 respiri successivi, prima di incominciare un compito che richiede molto sforzo e concentrazione;
  3. premiarti alla fine di quel compito: basta anche soltanto un cioccolatino oppure attività gratificanti come un massaggio, una seduta dal parrucchiere, la tua cena preferita, ...;
  4. restare in contatto con il mondo esterno durante la giornata (es. manda un messaggio al tuo partner o alla tuo/a amico/a);
  5. prenderti una pausa a metà mattina e a metà pomeriggio (anche di pochi minuti);
  6. instaurare un rituale di chiusura a fine giornata: potresti provare a fare una passeggiata fino a casa, ascoltare la musica preferita, ....

Questi piccoli e apparentemente banali suggerimenti ti aiuteranno a concentrarti sul tuo benessere e a mantenere uno sguardo equilibrato sulle tue giornate, senza farti travolgere dalle richieste esterne. 


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Settimana di Prevenzione dell'Invecchiamento Mentale

30/7/2015

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La "Settimana di Prevenzione dell'Invecchiamento Mentale" è una iniziativa che si propone di promuovere uno stile di vita orientato al mantenimento del benessere fisico e mentale nelle persone non più giovani. 





Perché questa iniziativa? La "Settimana di Prevenzione dell'Invecchiamento Mentale" nasce perché nonostante che molte persone invecchino bene fisicamente, presentano problematiche cognitive (smemoratezza, disattenzione, disorientamento e via dicendo) che rischiano di peggiorare la qualità di vita. Spesso accade che la persona si rassegni passivamente a questo lento declino mentale e cognitivo.

E' sbagliato rassegnarsi. La scienza ha ampiamente dimostrato che appropriati esercizi mentali, corretta alimentazione e movimento fisico permettono di mantenere a un livello costante e ottimale l'abilità, la flessibilità e prestazioni delle funzioni cognitive.

A chi si rivolge l'iniziativa? L'iniziativa si rivolge a chiunque voglia conoscere lo stato di salute delle proprie abilità mentali. Non ci sono vincoli per parteciparvi. salvo volersi prendere cura di se stessi fin da subito. 

In cosa consiste il check-up? Il test è individuale e consiste in prove "carta e matita", che dureranno al massimo circa 45 minuti. Al termine dei test riceverai informazioni personalizzate sul funzionamento delle principali attività cognitive, quali memoria, attenzione, concentrazione, linguaggio. Potremo cercare insieme dei piccoli compiti ed attività che potranno aiutarti a mantenere in ottima forma le tue abilità cognitive.

Il check-up è gratuito.

Puoi prenotarti direttamente compilando il modulo qui sotto lasciando un riferimento telefonico o mail e verrai ricontattato per fissare il tuo check-up.


In alternativa puoi chiamare il numero 393 850 9837.


    Modulo di richiesta check-up

    I tuoi dati sono inviati direttamente allo studio e non saranno visibili agli altri visitatori.
    Ricordati di lasciare anche un numero telefonico se vuoi essere ricontattato telefonicamente.
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Disturbi specifici del linguaggio nei bambini stranieri: una diagnosi possibile?

15/5/2014

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La conoscenza e la comprensione della lingua italiana rappresentano due delle principali difficoltà che i minori immigrati, sia di prima che di seconda generazione, si ritrovano a dover affrontare al momento del primo ingresso a scuola italiana. Gli stessi educatori, sia della scuola materna che della scuola primaria, spesso rimandano agli operatori sanitari il sospetto di disturbi specifici del linguaggio (DSL) o, più avanti nel tempo, di disturbi specifici dell'apprendimento (DSA).

In realtà parlare di DSL o DSA nei bambini immigrati è alquanto pericoloso, per il rischio di scambiare per DSL o DSA, ovvero per disturbi con una forte matrice neurocognitiva, una difficoltà che è legata all'apprendimento della seconda lingua, l'italiano. Questi bambini sono, infatti, a tutti gli effetti dei bambini bilingui, con tutte le problematiche che la letteratura associa all'apprendimento di una seconda lingua in termini fonologici, lessicali, morfosintattici e pragmatici.

È possibile distinguere diverse tipologie di bilinguismo:
  • bilinguismo simultaneo – si realizza una esposizione parallela alle due lingue entro i 2-3 anni;
  • bilinguismo successivo – il bambino viene esposto dapprima ad una lingua, che diremo L1 e solo in un secondo momento, tra i 3-8 anni, sarà esposto alla L2;
  • bilinguismo tardivo – quando l'esposizione alla L2 avviene dopo gli 8-10 anni;

I bambini immigrati, sia di prima che di seconda generazione, difficilmente si ritrovano in una condizione di bilinguismo simultaneo. Nella maggior parte dei casi, infatti, questi bambini hanno un accesso alla L2, l'italiano, a carattere intermittente ed episodico sino all'ingresso alla scuola materna, che diventa il contesto di principale socializzazione alla lingua e agli usi e costumi della cultura italiana. In molti casi si assiste, da questo momento in poi, ad uso settoriale delle due lingue: a casa la prima lingua, L1, a scuola l'italiano, L2.

Tale condizione, inevitabilmente, determina delle difficoltà e problematicità, che potrebbero essere erroneamente riconosciute dagli operatori scolastici come DSL o DSA.

Si sono moltiplicati negli anni numerosi studi che hanno avuto come oggetto l'apprendimento delle lingue in bambini bilingui immigrati.
Le teorie a riguardo sono abbastanza contrastanti: 
  • in alcuni casi si afferma che l'esposizione precoce alla lingua del paese ospitante è un vantaggio per il bambino, che potrà trasferire le competenze acquisite con la L1 anche nella L2;
  • in altri casi si affermano le cosiddette teorie del bilinguismo sottrativo, che sostengono l'ipotesi di un apprendimento competitivo della L1 ed L2: la L2, in altre parole, l'apprendimento della L2 sottrarrebbe risorse deputate all'apprendimento della lingua madre, con effetti negativi su entrambe le lingue, quali lessico povero e povera profiency/competenza linguistica. In tali situazioni l'acquisizione delle due lingue nei bambini, quindi, sembrerebbe avvenire in modo quasi totalmente separato, per non dire competitivo e interferente e potrebbe risultare estremamente rallentato (spesso si osserva in queste situazioni un periodo caratterizzato dalla mancanza quasi totale di comunicazione verbale, generalmente vissuto con molta ansia da parte del bambino, della famiglia e degli educatori). 

Le principali problematicità dell'apprendimento linguistico nel bambino immigrato riguardano, inoltre:
  • l'omogeneità/disomogenità delle due lingue: tanto più la L2 avrà caratteristiche simili alla lingua principale, tanto più facile per il bambino sarà l'apprendimento della seconda lingua;
  • le caratteristiche proprie delle due lingue, tenendo conto della distinzione tra lingue trasparenti, come l'italiano, in cui c'è una corrispondenza precisa tra fonema/grafema, che pertanto richiede una competenza metafonologica precisa, appresa precocemente già a partire dalla famiglia dai bambini madrelingua. I bambini stranieri, al contrario, incontrano importanti difficoltà già a partire da questo compito linguistico, soprattutto se la L1 è una lingua opaca, ovvero in mancanza di una coincidenza precisa e stabile tra grafema/fonema (uno stesso grafema avrà un corrispettivo fonetico differente a seconda del contesto testuale in cui è inserito);
  • la bassa profiency anche nella L1, dato che i contesti di apprendimento ed uso della lingua sono estremamente limitati e spesso circoscritti al solo contesto della famiglia nucleare, in mancanza, quindi, di occasioni che permettano di ampliare il vocabolario o di contesti di apprendimento strutturati e in cui il bambino può essere corretto.

Uno studio condotto da Pàez e colleghi (2007), infine, dimostra che il bilinguismo sommato alla condizione di migrante può rappresentare un ulteriore fattore di rischio, in quanto i bambini bilingui analizzati avevano prestazioni nei compiti linguistici analizzati di circa 2 d.s. inferiori a quello dei monolingui.

Tutto questo significa che non si può fare diagnosi di DSL nei bambini stranieri?

Ovviamente no! Una diagnosi di DSL è possibile anche nei bambini non madrelingua italiani, anche se in questi casi la diagnosi differenziale deve essere ancora più precisa ed accurata, che dovrà tener conto, tra le altre cose, dell'età e del tempo di esposizione alla L2.

Bibliografia
  • Beltrame, R. (2011). Acquisizione della lingua italiana e integrazione sociale in bambini in età prescolare figli di immigrati: fattori di promozione vs ostacolo. Tesi di dottorato.
  • Marineddu, M, Duca, V., Cornoldi, C. (2006). Difficoltà di apprendimento scolastico negli alunni stranieri. Difficoltà di apprendimento, 12:1:49-70.
  • Il bambino bilingue. Approfondimenti teorico-scientifici per una nuova presa in carico diagnostico-terapeutica. Convegno organizzato da A.O. "G. Salvini", Garbagnate Milanese.

                                                                                                             di dott.ssa Maria Luisa Abbinante

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Esordi Psicopatologici in adolescenza: la necessità di integrazione, diagnosi precoce e trattamento tempestivo.

20/4/2014

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Le ricerche epidemiologiche, negli ultimi anni, hanno mostrato un incremento dei tassi di prevalenza dei disturbi psichici in età evolutiva. In particolare è emerso che circa il 10% dei ragazzi compresi nella fascia d'età 14/18 (pre-adolescenti e adolescenti) soffrono di un disturbo psichico di diversa natura.

In tutti i campi della medicina e della salute si diffonde la cultura della prevenzione. Prevenzione, riprendendo la definizione del World Health Organization, non significa soltanto creare le condizioni affinché una condizione di rischio non si verifichi (prevenzione primaria), ma è anche diagnosi precoce (prevenzione secondaria) e intervento tempestivo (prevenzione terziaria).

Da qui la necessità, sostenuta a più voci, di individuare precocemente i disturbi psicopatologici gravi (es. le psicosi) con esordio in epoca adolescenziale, al fine di un trattamento precoce. L'intervento precoce, infatti, aumenterebbe la recovery dei pazienti, con un minore rischio di cronicizzazione del disturbo, minori tassi di disabilità e compromissione del funzionamento generale, sociale e lavorativo e minore ricorso al ricovero ospedaliero. In effetti, da più fronti, la ricerca ha evidenziato che il mancato intervento, nei casi di disturbi psicopatologici gravi, porta ad una progressiva perdita delle abilità cognitive e sociali del soggetto, che, a loro volta, offrono un terreno fertile ad un ulteriore peggioramento sintomatologico e comportamentale.

Il Piano Nazionale Salute Mentale (2013) sostiene la necessità di dare avvio ad esperienze cliniche sperimentali dedicate alla fascia adolescenziale, ponendo particolare attenzione agli esordi di disturbi psicologici gravi e alla necessità di integrazione con i servizi di salute mentale dedicati agli adulti. Il trattamento dei disturbi psichici nella fascia d'età adolescenziale, infatti, presenterebbe non poche criticità, tra cui: la scarsa afferenza di adolescenti e pre-adolescenti alle unità operative di neuropsichiatria dell'infanzia e adolescenza, che rimangono entro il 4% nonostante la stima della psicopatologia si attesti attorno al 10%; le difficoltà nella gestione delle acuzie psichiatriche in adolescenza, a causa del numero esiguo di posti letto e di reparti di neuropsichiatria atti ad accogliere le urgenze, che porta spesso a dei ricoveri impropri; il passaggio della presa in carico dalla neuropsichiatria alla psichiatria al compimento del 18°anno di età, spesso difficoltoso a causa della mancata integrazione dei servizi.

Costruire un servizio dedicato alla diagnosi e trattamento precoce dei disturbi psicopatologici in adolescenza significa, quindi, porsi in un'ottica di:
  1. individuazione dei sintomi, dei comportamenti e della disabilità presenti;
  2. prevenzione di un ulteriore peggioramento dei sintomi.

Come detto sopra, parlare di diagnosi precoce è particolarmente importante quando si affronta il tema delle psicosi. La ricerca, negli ultimi anni, ha sostenuto la possibilità di individuare precocemente situazioni di rischio di esordio psicotico, gli Ultra High Risk o Stati Mentali a Rischio, che individuano soggetti, considerati a rischio di sviluppare un disturbo grave, sulla base della presenza di segni e sintomi considerati prodromi dei distubi psicotici (Edwards & McGorry, 2002),

Più in generale possiamo distinguere diversi stadi che portano alla manifestazione psicotica, che sono:
  • stato mentale a rischio precoce, caratterizzato da un declino nel funzionamento generale e la comparsa di sintomi di base;
  • stato mentale a rischio tardivo, in cui si possono verificare APS (sintomi psicotici attenuati) e BLIPS (sintomi psicotici brevi e intermittenti della durata inferiore ad una settimana);
  • transizione psicotica (almeno un sintomo psicotico rimane per più di una settimana);
  • sindrome psicotica conclamata (diagnosi di schizofrenia o psicosi affettiva).

Hafner (1996) sostiene che, in media, tra la comparsa dei primi segni di malattia e l'esordio psicotico acuto passano circa 5 anni, periodo che potrebbe essere sfruttato per attivare interventi volti a prevenire la comparsa della franca psicosi o a minimizzarne le conseguenze: l'intervento precoce, infatti, produce effetti favorevoli a lungo termine sul decorso dei sintomi negativi, depressivi e cognitivi, oltrechè sul funzionamento sociale dei soggetti. Intervenire al fine di riddurre la durata della psicosi non trattata (DUP), quindi, significa migliorare l'outcome e la recovery di tali soggetti.
Tale possibilità di maggiore recupero in caso di intervento precoce deriva dalla teoria del deficit neuromaturazionale, la teoria più accreditata in questo momento sull'eziologia delle psicosi e della schizofrenia, che postula che ci sarebbe una vulnerabilità biologica (innata o acquisita) alla psicosi, quella che molti autori chiamano schizotipia. Non necessariamente tale vulnerabilità porta alla psicosi franca, ma può esitare in una serie di sintomi o quadri sub clinici, come disturbi schizoidi o schizotipici. Tale vulnerabilità rimarrebbe latente per tutta la prima infanzia (sebbene possano esserci alcuni elementi che, a posteriori, sono valutati come fattori di rischio permanenti), per poi essere pienamente espressa a partire dall'adolescenza, con la quasi completa maturazione del sistema nervoso centrale.

Se la teoria del deficit neuro-maturazionale è vera, quindi, permettere ai soggetti che presentano segni di rischio di accedere ad interventi terapeutici e di sostegno dovrebbe diminuire l'impatto di tale deficit e interrompere la spirale che porta al graduale peggioramento dei sintomi.


Bibliografia
  • Cocchi, A., Meneghelli, A. (2013). Rischio ed esordio psicotico. Manuale d'intervento precoce. Milano: Edi-Ermes.
  • Edwards, J., McGorry, P., D. (2002). Implementing Early Intervention in Psychosis. A guide to establishing Early Psychosis Services. London: Taylor & Francis Book Ltd (trad. it. Intervento precoce nelle psicosi. Guida per l'organizzazione di servizi efficaci e tempestivi. Torino: Centro Scientifico Editore).
  • Ministero della Salute (2013). Piano di azioni nazionale per la salute mentale. Disponibile all'indirizzo: http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=1905
  • Percudani, M., Corio, M., Prato, K., Soffientini, M., D'Angelo, G., Ferla, M.T., Linciano, D.A., Rivetti, M.T., Boni, S., Boscarolo, M., Gris, M.T., Oriani, S. (2013). Prevenzione e trattamento dei disturbi psichici in età giovanile: l’esperienza dell’equipe integrata NPIA e Psichiatria nel DSM dell’AO “G. Salvini” di Garbagnate Milanese. Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, vol.8
                                                                
                                                                                                                di dott.ssa Maria Luisa Abbinante

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Esordi Psicopatologici in adolescenza: la necessità di integrazione, diagnosi precoce e trattamento tempestivo. didott.ssa Maria Luisa Abbinante è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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De Senectute. Programma di intervento psicologico per l'anziano fragile e di promozione dell'invecchiamento attivo.

22/9/2013

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Dal mese di Febbraio 2013 Auser ha attivato un servizio psico-sociale sperimentale dedicato alle persone anziane residenti nel corsichese (Assago, Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, Cusago), grazie al finanziamento ricevuto dalla Fondazione Banca del Monte Lombardia.

Di cosa si tratta?
Mission del servizio, che si propone come un intervento di prevenzione primaria e secondaria, è l'individuazione precoce del disagio emotivo e psicologico nell'anziano e la promozione di uno stile di vita attivo e partecipativo, al fine di migliorare la qualità della vita della persona anziana e preservare e mantenere più a lungo nel tempo la sua autonomia e l'indipendenza.
A tal fine il servizio offre:
  • uno spazio di ascolto e sostegno psicologico per le persone anziane che ne faranno richiesta, al fine di aiutarle a superare situazioni emotivamente difficili. Attraverso un numero prestabilito di incontri, gli psicologi aiuteranno l'anziano ad affrontare le problematiche connesse al disagio emotivo presentato, al fine di permettere il recupero di una condizione di benessere. Gli anziani che accederanno al servizio saranno, inoltre, sottoposti ad un breve screening neuropsicologico al fine di rilevare segni di deterioramento cognitivo patologico ed eventualmente invitati a recarsi dal proprio medico per ulteriori approfondimenti.
  • attività laboratoriali e di aggregazione al fine di contrastare l'isolamento sociale progressivo e creare una rete di mutuo sostegno di anziani per gli anziani.

Chi si può rivolgere?
Le persone anziane che nella loro vita quotidiana sperimentano difficoltà quali tristezza, solitudine, isolamento, scarsa voglia di intraprendere attività o di vedere persone, difficoltà di memoria e concentrazione.

Come?
Chiamando il numero 02/36708609 o recandoti presso la sede Auser di Corsico in via Falcone 5 potrai chiedere maggiori informazioni sul servizio e un primo appuntamento con lo psicologo.

con la collaborazione della dott.ssa Maria Luisa Abbinante
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Primo colloquio gratuito a Busto Arsizio (VA).

23/8/2013

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Dal mese di Settembre 2013 la dott.ssa Maria Luisa Abbinante riceverà anche nello studio di Busto Arsizio (VA) in via Einaudi 6/B.
Per tutto il mese di Settembre il primo colloquio nella sede di Busto Arsizio sarà gratuito prenotandosi al numero 393 850 98 37 o tramite il form di richiesta.

    Richiesta primo colloquio gratuito a Busto Arsizio (VA).

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L'anziano fragile

2/12/2012

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La letteratura gerontologica suggerisce che parlare di anziani significa parlare di fragilità, poiché la fragilità è una condizione propria dell'età senile e all'aumentare dell'età aumenta la fragilità.
Il termine fragilità identifica una condizione di rischio e di vulnerabilità, caratterizzata da un equilibrio instabile di fronte a eventi negativi. L’anziano, per motivi legati al processo d’invecchiamento e alle malattie intercorrenti, diviene più vulnerabile e meno capace di conservare una condizione di benessere fisico e psichico in seguito ad eventi stressanti. La letteratura riporta che la fragilità è connessa con peggioramento della salute ed aumento del rischio di ospedalizzazione, istituzionalizzazione, cadute e morte. La presenza di una condizione di fragilità, dunque, espone al rischio di sviluppare una condizione di disabilità nel breve periodo.

Chi è l'anziano fragile?

L'anziano fragile, dunque, è una persona:
– con età superiore ai 65 anni;
– con una condizione di salute instabile - presenza di numerose patologie e assunzione di diversi farmaci, ripetute ospedalizzazioni o ricoveri per patologie acute, dimagrimento involontario;
– con evidente deterioramento di funzioni e strutture fisiche e psicologiche - compromissione della vista, lutto o depressione senile, deterioramento cognitivo o diagnosi di demenza;
– con limitazioni nell'attività fisica - per minore resistenza e affaticamento o per paura di cadere. La caduta è un fattore di rischio importante indicatore di peggioramento della qualità della vita poiché correlata con inizio della dipendenza, perdita di autonomia, disabilità e istituzionalizzazione. Essa, inoltre, provoca spesso ansia di nuova caduta e progressiva chiusura degli spazi di vita dell'anziano.
– progressiva perdita di ruoli sociali e conseguente minore partecipazione sociale e isolamento familiare e sociale;
– presenza di fattori psico-sociali come il basso reddito - lo status socio-economico influirebbe in maniera negativa sulla fragilità, soprattutto in presenza di poli-patologie.

Fragilità e qualità della vita
La fragilità ha un forte impatto negativo sulla qualità della vita percepita dalla persona anziana. La qualità della vita è la percezione che ciascuna persona ha di sé stessa all'interno del proprio contesto di vita rispetto alla possibilità di realizzare i propri progetti ed obbiettivi e di esaudire i propri desideri ed aspettative.
Il peggioramento della qualità della vita è diretta conseguenza della presenza di una condizione di fragilità, con un netto peggioramento dei livelli di autonomia, del benessere psicologico e della partecipazione sociale.
Il peggioramento della qualità della vita, inoltre, permette di prevedere un eventuale ulteriore peggioramento della condizione dell'anziano vista la capacità di moderare gli effetti delle circostanze negative. Il percepire una buona qualità della vita, infatti, permetterebbe di fronteggiare meglio gli stress. L'anziano fragile, dunque, viene colpito due volte dalla fragilità.
Alcuni studi mostrano che il peggioramento della qualità della vita predice cadute ed ammissione a reparti di emergenza e questo è indicativo del fatto che che il ricorso al Pronto Soccorso non sempre è legata alla percezione di un malessere fisico reale, ma piuttosto è legata alla percezione della propria condizione di vulnerabilità. A conferma di quanto appena detto, alcuni studi hanno trovato che la qualità della vita è correlata con numerosi predittori di ammissione a reparti d'urgenza come depressione, scarso supporto sociale, solitudine .
Il peggioramento della qualità della vita, infine, porta ad una progressiva chiusura progettuale dell'anziano che sente di non avere più possibilità da spendere nel quotidiano, non ha più desideri da realizzare … vive solo l'attesa dell'inevitabile.

Perchè è importante parlare di fragilità ed identificarla precocemente?

Prevenire la fragilità non è possibile dato che essa è condizione insita nel processo di invecchiamento.
Parlare di fragilità ed individuarla precocemente significa essere capaci di ridurre al minimo le sue conseguenze avverse, mantenendo più a lungo le autonomie fisiche e funzionali della persona anziana. L'individuazione precoce di indicatori di fragilità permetterà, infatti, la programmazione di interventi individualizzati ad hoc per prevenire gli esiti più avversi - ad es. ospedalizzazioni ripetute, disabilità, morte.

Bibliografia
  - Bilotta, C., Bowling, A., Casè, A., Nicolini, P., Mauri, S., Castelli, M.Vergani, C. (2010).RDimensions and correlates of quality of life according to frailty status: a cross-sectional study on community-dwelling older adults referred to an outpatient geriatric service in Italy. Health and Quality of Life Outcomes; 8:56
- Bilotta, C., Bowling, A., Nicolini, P., Casè, A., Pina, G., Rossi, S., V., Vergani, C. (2011). Older People’s Quality of Life (OPQOL) scores and adverse health outcomes at a one-year follow-up. A prospective cohort study on older outpatients living in the community in Italy. Health and Quality of Life Outcomes; 9:72.
- Chang Y-W, Chen W-L, Lin F-G, Fang W-H, Yen M-Y, et al. (2012) Frailty and Its Impact onHealth-Related Quality of Life: A Cross-Sectional Study on Elder Community-Dwelling PreventiveHealth Service Users. PLoS ONE; 7(5): e38079.
 - Cherubini, A., Mussi, C., Salvioli, G., Senin, U. (2007). La fragilità dell’anziano e la psicogeriatria. PSICOGERIATRIA; I: 9-12.
- Fairhall, N. & al. (2011). Treating frailty-a practical guide. BMC Medicine; 9:83.
-Giordano, A., Rozzini, R., Trabucchi, M. (2007). La fragilità nell’anziano: una prospettiva clinica. Giornale di Gerontologia; 55:2-6.
- Masel, M., C., Graham, J., E., Reistetter, T., A., Markides, T., K., Ottenbacher, K., J. (2009).
Frailty and health related quality of life in older Mexican Americans. Health and Quality of Life
Outcomes ; 7:70.
- Poloni , P., Ghisla , M.K., Loda , C., Baroni, F., Firetto , S., Agostini, C., Manessi,E., Facchi E. (2012). Modalità di intervento per la prevenzione e la riduzione del rischio di cadute in pazienti geriatrici ricoverati presso una unita riabilitativa. Giornale di Gerontologia, 60:82-87
.

                                                                         (estratto della relazione del Festival della Cultura Psicologica)
                                                                                                                                                                 di dott.ssa Maria Luisa Abbinante

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L'anziano fragile by dott.ssa Maria Luisa Abbinante is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
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    dott.ssa Abbinante
    È Psicologa Consulente presso l'UONPIA (Unità Operativa di NeuroPsichiatria dell'Infanza e dell'Adolescenza) della ASST Rhodense di Garbagnate Milanese nell'ambito del Programma Innovativo Regionale “Procedura Operativa dell'emergenza/urgenza psichiatrica in adolescenza”, dove si occupa di diagnosi e trattamento di disturbi psicopatologici con esordio in adolescenza.
    Si occupa di valutazione e trattamento di esordi psicopatologici nell'infanzia e nell'adolescenza, di interventi di supporto della genitorialità, di sostegno psicologico a persone con malattia cronica e di prevenzione ed intervento precoce nella fragilità dell'anziano.

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