DOTT.SSA MARIA LUISA ABBINANTE PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA
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DOTT.SSA MARIA LUISA ABBINANTE
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA

Emergenza Covid-19. Consigli di benessere psicologico durante la quarantena.

23/3/2020

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 Siamo ormai giunti alla fine della seconda settimana di quarantena, dopo il DPCM del 7 Marzo u.s. e successivi, che prima consigliavano caldamente e poi disponevano, con sanzioni penali in caso di infrazione, l’isolamento di ciascuno nella propria abitazione, a fine di evitare l’ulteriore diffusione del virus covid-19.

Ma quali sono gli effetti della quarantena sul benessere psicologico dell’individuo?
È indubbia la necessità di tale misura restrittiva della libertà di ognuno, in un momento tragico della storia dell’umanità; pertanto il primo assunto deve essere quello di seguire quanto le Autorità Competenti ci dicono di fare (#iorestoacasa).
Come ciascuno di noi ha sperimentato nelle scorse settimane, però, tale isolamento diventa sempre più faticoso da sopportare.
Una recente review pubblicata su Lacet (Brooks & co., 2020) si concentra proprio sulle conseguenze e i rischi psicologici della misura di quarantena.
La separazione dalle persone più care, la perdita della libertà personale, l’incertezza sul proprio stato di salute o di malattia e la noia possono avere degli effetti severi sulla psiche degli individui. Studi epidemiologici su soggetti sottoposti a misure di quarantena evidenziano, infatti, la prevalenza di sintomi post traumatici, depressione, stress, irritabilità, ansia, insonnia, rabbia e esaurimento emotivo, con un permanere di un disagio psicologico anche per mesi e/o anni dalla fine della quarantena. Anche dopo settimane o ad un anno dalla fine del periodo di quarantena, ad esempio, le persone continuavano a presentare comportamenti evitamento di luoghi o persone e comportamenti di controllo quali l’attento lavaggio delle mani. Molte persone riferivano, inoltre, la difficoltà a ritornare ad una “normalità” per molto tempo dopo la fine della quarantena.
Ciò che sembra avere un maggiore impatto sul distress psicologico, oltre ai fattori personali già citati, sono: prima di tutto, la durata della quarantena, che, quindi, deve essere protratta solo per il tempo effettivamente necessario e non deve essere prolungata oltre; la paura di essere infettati ha un ruolo considerevole nel generare stress soggettivo; la frustrazione e la noia, legati alla riduzione o alla sospensione delle attività giornaliere in cui ciascuno era impegnato; il timore di non avere abbastanza provviste o possibilità di approvvigionamento; infine, la confusione legata alle informazioni inadeguate ricevute. Riguardo a quest’ultimo punto, sembra utile dare alla popolazione sottoposta a quarantena delle linee guida chiare sulle azioni da mettere in atto, la natura del virus e la possibile durata della quarantena, evitando il più possibile messaggi ambivalenti o passibili di interpretazione.
Fattori predittivi di un peggiore impatto negativo della quarantena risultano la giovane età (16-24 anni), la minore scolarizzazione, il sesso femminile e l'avere un solo figlio (avere tre o più figli è risultato fattore protettivo). In tal senso non tutti gli studi sono, però, concordi.
Altri fattori di rischio sono il possedere una storia personale di sintomi psichiatrici o essere impiegato nel settore delle professioni sanitarie. In particolare, i sanitari sarebbero maggiormente esposti al rischio di sviluppare sintomi post traumatici, rabbia, fastidio, paura, frustrazione, senso di colpa, impotenza, isolamento, solitudine, nervosismo, tristezza, preoccupazione oltre ad essere maggiore oggetto di stigmatizzazione in caso essi stessi siano stati sottoposti a misure di isolamento. La stigmatizzazione è risultato uno dei fattori di rischio maggiori sia durante la quarantena e che nel post quarantena: diversi lavoro scientifici mostrano, infatti, che i sanitari sottoposti a periodo di quarantena erano frequentemente oggetto di stigma o rifiuto sociale, ad esempio erano evitati attivamente, perdevano possibilità di coinvolgimento in iniziative sociali, erano trattati con paura e sospetto o con commenti critici.

Quali fattori, dunque, possono avere un effetto virtuoso nel mitigare gli effetti di distress psicologico della quarantena?
Abbiamo già citato l’importanza del dare delle informazioni chiare circa i comportamenti da attuare e da evitare, oltrechè sulla natura del rischio infettivo o sulla necessità di prevedere adeguate forme di approvvigionamento. ​
Risulta efficace, inoltre dare delle informazioni pratiche sulla gestione del tempo e sulla gestione dello stress, per ostacolare le eventuali emozioni di angoscia alimentate dalla noia e dall’isolamento. In tal senso, è utile attivare una rete sociale personale, che ha un effetto di riduzione delle emozioni di ansia e angoscia, oltre che di rassicurazione riguardo al proprio e altrui stato. La possibilità di accedere, tuttavia, anche ad una rete di esperti risulta importante nel ridurre le emozioni negative e nella gestione dell’eventuale comparsa di sintomi, che potrebbero essere male interpretati o per predisporre celeri interventi nel caso emergano sintomi tipici del virus. Infine, risulta molto positiva l’influenza di comportamenti prosociali e di altruismo, ovvero di aiuto alle perone più fragili, nel ridurre lo stress da quarantena.

​Cosa fare, dunque, per affrontare la quarantena?
L'Ordine Nazionale Psicologi suggerisce piccoli accorgimenti da attuare nella quotidianità, per contenere le emozioni di ansia e preoccupazione e mantenere un approccio realista rispetto agli avvenimenti.
Tre buone pratiche per affrontare il coronavirus
  1. Evitare la ricerca compulsiva di informazioni, che rischiano di avere un effetto di aumento dell'ansia e della preoccupazione. Bisogna tener conto che le informazioni che i media diffondono in rapida successione creano uno stato di “allarme psicologico permanente”, che provoca una aumentata percezione dei rischi, che spinge ad una ulteriore ricerca ossessiva di informazioni più rassicuranti. Di fatto, però, i media sono orientati all'aumentare l'attenzione verso il problema e propongono prevalentemente informazioni allarmanti. Si crea, così, un circolo vizioso in cui le paure e ansie personali sono continumente alimentate e spingono alla ricerca di ulteriori informazioni.
  2. Usare e diffondere fonti informative affidabili. E’ bene attenersi a quanto conosciuto e documentabile. Quindi: basarsi SOLO su fonti informative ufficiali, aggiornate e accreditate (Ministero della Salute: www.salute.gov.it/nuovocoronavirus e Istituto Superiore di Sanità: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus)
  3. Un fenomeno collettivo e non personale. Il Coronavirus non è un fenomeno che ci riguarda individualmente. Ci dobbiamo proteggere come collettività responsabile, usando le regole suggerite dall'Istituto Superiore di Sanità. L'uso regolare di queste buone pratiche riduce significativamente il rischio di contagio per sé, per chi ci è vicino e per la collettività tutta.

Buone pratiche
L’Istituto Superiore di Sanità indica semplici azioni di prevenzione individuale.
Eccole qui riassunte:
  • Evita il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute.
  • Il lavaggio e la disinfezione delle mani sono la chiave per prevenire l’infezione.
  • Bisogna lavarsi le mani spesso e accuratamente con acqua e sapone per almeno 20 secondi, fino ai polsi. Se acqua e sapone non sono a portata di mano, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcol con almeno il 60% di alcol.
  • Il virus entra nel corpo attraverso gli occhi, il naso e la bocca, quindi evita di toccarli con le mani non lavate.
  • Copri bocca e naso se starnutisci o tossisci; usa fazzoletti monouso.
  • Usa la mascherina solo se sospetti di essere malato o assisti persone malate.
  • Non prendere farmaci antivirali né antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico.
  • Contatta il numero verde 1500 se sei tornato dalla Cina da meno di 14 giorni e hai febbre o tosse.
  • Se stai male e hai sintomi compatibili con il Coronavirus, contatta telefonicamente il tuo medico di base o il 118, senza recarti direttamente in ambulatorio o in Pronto Soccorso (per ridurre eventuali rischi di contagio a terzi o al personale sanitario).
  • Rispetta rigorosamente solo i provvedimenti e indicazioni ufficiali delle Autorità di Sanità Pubblica: sono una tutela preziosa per te e per tutti.

L’uso regolare di queste azioni elementari riduce significativamente i rischi di contagio per sé, chi ci è vicino e la collettività tutta.

Se, nonostante questi accorgimenti, l'ansia e la preoccupazione diventano eccessive, Non ti vergognare di chiedere aiuto.
Tutti possiamo avere necessità, in certi momenti o situazioni, di un confronto, una consulenza, un sostegno, anche solo per avere le idee più chiare su ciò che proviamo e gestire meglio le nostre emozioni, e questo non ci deve far sentire “deboli”.
La comunità degli psicologi si è organizzata per consulenze a distanza per offrire il giusto supporto a chi ne ha bisogno.

Bibliografia
- Brooks, S., K., Webster, R., K., Smith, L., E., Wooland, L., Wessely, S., Greenberg, N., et al. (2020). The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. Published: February 26, 2020 DOI:https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30460-8
​- CNOP (2020). VADEMECUM PSICOLOGICO CORONAVIRUS PER I CITTADINI. Perché le paure possono diventare panico e come proteggersi con comportamenti adeguati, con pensieri corretti e emozioni fondate. Consultabile su: https://www.psy.it/vademecum-psicologico-coronavirus-per-i-cittadini-perche-le-paure-possono-diventare-panico-e-come-proteggersi-con-comportamenti-adeguati-con-pensieri-corretti-e-emozioni-fondate


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Diagnosi di disturbo di personalità secondo il DSM 5

29/4/2019

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Con il DSM 5 è stato introdotto un tentativo di cambiamento nella diagnosi di disturbo di personalità. Con il nuovo manuale è possibile, quindi fare diagnosi di disturbo di personalità in due modi.
Il primo modo è quello proposto nella sezione II, che è rimasta sostanzialmente invariata rispetto al vecchio manuale, con l'individuazione di 10 tipologie di disturbi di personalità divisi in 3 cluster (A=strano ed eccentrico; B=amplificativo ed emotivo; C=timoroso e pauroso). I criteri per identificare un disturbo di personalità sono rimasti per lo più invariati, quindi la diagnosi si basa sulla valutazione della presenza di un pattern di esperienza interiore e comportamento inflessibile e pervasivo, che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo e che causa un disagio clinicamente significativo o una compromissione del funzionamento sociale, affettivo e lavorativo. Per fare diagnosi si valutano 4 aree: cognizione, intesa come i modi di percepire e interpretare se stessi, gli altri e gli avvenimenti; affettività, cioè, la varietà, intensità, labilità e adeguatezza della risposta emotiva; funzionamento interpersonale e controllo degli impulsi.
Nella sezione III si propone un modello alternativo di diagnosi dei disturbi di personalità. Tale proposta rientra nel tentativo operato nel nuovo manuale di passare da una diagnosi di tipo categoriale di occorrenza/non occorrenza del sintomo, ad una diagnosi di tipo dimensionale, orientata cioè ad inquadrare il funzionamento dell'individuo lungo un continuum normalità Vs patologia.

La diagnosi di disturbo di personalità proposta è ibrida, combinando la diagnosi dimensionale del criterio A, che valuta il funzionamento, con la diagnosi categoriale del criterio B, che valuta la presenza di tratti patologici (categorie) di personalità dei domini di personalità.
CRITERIO A: livello di compromissione del funzionamento Sé e del funzionamento interpersonali (funzionamento adattivo vs compromissione del funzionamento lieve, moderata, grave e estrema).
Per quanto riguarda i disturbi del Sé, questi vengono valutati sulla base di due elementi:
  • l’identità, ovvero la capacità dell'individuo di percepire se stesso come soggetto con confini ben definiti, con una capacità di fare una valutazione di sé (autostima) accurata e stabile nel tempo e una capacità di regolazione emotiva;
  • l’autodirezionalità, ovvero la capacità di perseguire obiettivi a breve termine, darsi degli scopi di vita coerenti e significativi e degli standard di comportamento costruttivi e prosociali e la capacità di riflettere in modo produttivo su di sé.
Per quanto riguarda il funzionamento interpersonale, invece, è valutato tenendo conto di due dimensioni:
  • l'empatia, ovvero la capacità di comprendere le esperienze e le motivazioni altrui, di tollerare prospettive diverse dalla propria e comprendere gli effetti del proprio comportamento sugli altri;
  • l’intimità, ovvero la profondità e durata delle relazioni positive con gli altri, desiderio e capacità di intimità e rispetto reciproco.​
CRITERIO B: presenza di uno o più tratti patologici della personalità o sfaccettature/aspetti del tratto.
Anche in questo caso i tratti patologici vengono considerati in una prospettiva dimensionale e sono organizzati in domini patologici di personalità:
  • Affettività negativa (Vs Stabilità emotiva), ovvero presenza di esperienze frequenti e intense di alti livelli di emozioni negative (es. depressione, colpa, ansia, vergogna, …) con i comportamenti conseguenti (es. relazioni di dipendenza, evitamento, …).
  • Distacco (Vs Estroversione), ovvero introversione ed evitamento delle esperienze socio-emotive, sia attraverso il ritiro dalle relazioni interpersonali (es. poche amicizie, mancanza di relazioni affettive), sia attraverso il ridotto riconoscimento ed espressione delle emozioni e del piacere.
  • Antagonismo (Vs Disponibilità), ovvero la mancanza di una consapevolezza dei bisogni e sentimenti dell'altro e la tendenza ad usare gli altri per il perseguimento dei propri obiettivi/bisogni (es. esagerato senso di importanza di sé con un aspettativa di trattamento speciale; mancanza di empatia, …).
  • Disinibizione (Vs Coscienziosità), ovvero impulsività, difficoltà a differire nel tempo la gratificazione, comportamenti mediati da stimoli e sentimenti contingenti, senza la capacità di tener conto delle esperienze passate o del futuro.
  • Psicoticismo (Vs Lucidità mentale), ovvero presenza di pensieri e comportamenti non convenzionali, strani, eccentrici, non riconosciuti dalla cultura di appartenenza sia dal punto di vista dei processi (es. percezioni ) che dei contenuti (es. convinzioni personali inusuali).
CRITERIO C.La compromissione è relativamente stabili nel tempo e costanti tra le situazioni.
CRITERIO D. La compromissione non è meglio compresa come normativi per la fase di sviluppo individuale o per l’ambiente socio-culturale.
Oltre a questi criteri, ci sono i criteri per una diagnosi differenziale medica o legata all'uso di sostanze/farmaci che spieghino la compromissione.
La sezione III descrive solo 6 delle 10 tipologie di disturbo di personalità presenti nella sezione II (tra l'altro invariati rispetto al DSM IV-TR), ovvero schizotipico, antisociale, borderline, narcisistico, evitante e ossessivo-compulsivo. Mancano, e non saranno reintegrati il disturbo di personalità schizoide, il paranoide, l'istrionico e il dipendente.

Ai 6 disturbi di personalità, si aggiunge la possibilità di fare una diagnosi TS (Tratto-Specifica). Per tratto di personalità si intende una tendenza a percepire, sentire, comportarsi e pensare in modi relativamente costanti nel tempo e nei contesti.
I disturbi di personalità esclusi (schizoide, il paranoide, l'istrionico e il dipendente) rientrano nelle possibilità di diagnosi di disturbo TS (ad es. il tratto sospettosità del dominio distacco/estroversione esaurisce perfettamente i criteri prima delineati nel disturbo di personalità paranoide).
La diagnosi DP-TS, quindi, si fa quando il funzionamento è compromesso, ma il soggetto non presenta i tratti patologici richiesti per la diagnosi dei 6 DP, ma tratti di personalità patologici misti.

Bibliografia

  • American Psychiatric Association (APA) (2013), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2014. 
  • Come cambia la diagnosi dei disturbi di personalità alla luce del DSM 5?Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2013/10/diagnosi-disturbipersonalita-dsm5/

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Stati mentali a rischio e prodromi psicotici.

3/3/2018

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Negli ultimi decenni la letteratura psichiatrica si è concentrata sullo studio dei fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi mentali gravi come le psicosi.
Il modello eziopatogenetico più accreditato è il cosiddetto modello vulnerabilità-stress, che sostiene che l'insorgenza e decorso di una psicosi sia determinato da una vulnerabilità soggettiva unita all'impatto di stress ambientali, che possono scatenare sintomi psicotici attivi. Le principali determinanti di questa vulnerabilità sembrano essere biologici (genetici e legati allo sviluppo neurologico) e la sua espressione come disturbo franco è influenzato da entrambi i trigger, psicosociali e  fisici (ad esempio abuso di sostanze).
Il concetto di stati mentali a rischio rimanda alla cosiddetta fase prodromica della psicosi, ovvero una fase in cui non sono ancora presenti sintomi psicotici tout court, ma il soggetto incomincia a presentare delle alterazioni emotive, cognitive e del comportamento peculiari, che gli studi longitudinali hanno mostrato essere presenti nel circa 40% dei soggetti diagnosticati come esordio psicotico (vedi gli studi di Young e Mc Gorry e la letteratura psichiatrica recente di stampo anglofono).
È importante precisare che gli stati mentali a rischio e i prodromi indicano una aumentata vulnerabilità allo sviluppo di un disturbo psicotico e/o un disturbo psichiatrico maggiore.
Young e Mc Gorry definiscono stati mentali a rischio quel set di sintomi che la letteratura mostra essere caratteristico della fase di transizione (la cosiddetta fase prodromica) verso l'esordio psicotico. Tali sintomi comprendono: sintomi psicotici attenuati, ovvero sintomi di stampo psicotico (umore delirante, idee di riferimento, esperienze percettive insolite) con intatto esame di realtà, quindi ben criticati dal soggetto, ma di intensità e/o frequenza insufficiente; sintomi psicotici brevi e intermittenti, ovvero sintomi francamente psicotici ma con rapida remissione spontanea. 
Tra gli stati mentali a rischio vanno annoverati anche i soggetti che presentano dei sintomi del tutto aspecifici (anche banalmente sintomi di ansia), ma che presentano anche un importante deterioramento del funzionamento psico-sociale e una familiarità positiva per psicosi.
Gli stati mentali a rischio rientrano nel quadro più generale dei sintomi prodromici, che sono un eterogeneo gruppo di comportamenti correlati con una franca psicosi, ovvero:
  • cambiamenti nelle emozioni (ansia, irritabilità, depressione, sospettosità, irritabilità, rabbia, sensazione di tensione);
  • cambiamenti a livello cognitivo (difficoltà di concentrazione o nella memoria, idee bizzarre, vaghezza, cambiamenti nei contenuti di pensiero, come preoccupazioni legate a nuovi pensieri di natura inusuale)
  • cambiamenti nella percezione di sé, degli altri e del mondo;
  • cambiamenti fisici e percettivi (disturbi del sonno, cambiamenti dell'appetito, disturbi somatici, perdita di energia e motivazione, alterazioni percettive).
Oltre a questo set sintomatologico peculiare, la fase prodromica è caratterizzata da un progressivo deterioramento del funzionamento psico-sociale del soggetto (progressivo ritiro sociale, scarsa motivazione e apatia, perdita dell'interesse nella socializzazione, diminuzione della partecipazione sociale e familiare, peggioramento dei risultati scolastici e lavorativi, ...). Tale deterioramento è parte integrante della fase prodromica e rientra nella valutazione dello stato mentale a rischio.

Cosa avviene durante la fase prodromica?
La fase prodromica è caratterizzata da una percezione di fortissimo stress interno o esterno, che il soggetto non riesce a spiegare o di cui non riesce ben a riconoscere la causa (fase di irritazione). C'è la comparsa dei cosiddetti sintomi di base: disturbi dell'attenzione/concentrazione; disturbi della forma del pensiero – che si blocca, è accellerato, confuso, vuoto; disturbi della comprensione – es. mancata comprensione delle metafore e comprensione letterale; disturbi della memoria; funzionamento emotivo ridotto; alterazione dell'affettività, ovvero espressione facciale, contatto oculare, eloquio e affettività inappropriata. Il soggetto percepisce, in questa fase, una atmosfera nuova e inconsueta a cui non riesce a dare un senso e un significato. Tale percezione si intensifica progressivamnte con un effetto dirompente sull'assetto psicologico fino a quel momento. Ecco che il soggetto ricerca una nuova spiegazione e una nuova cornice di significato per cercare di dare senso alle esperienze inconsuete.
Tale spiegazione è cercata all'esterno, ovvero c'è una proiezione all'esterno della causa dei cambiamenti esperenziali (fase di esternalizzazione). Le percezioni, le azioni e le sensazioni corporee strane ed insolite vengono esperite “come se” fossero dei “fatti dall’esterno” e i pensieri uditi “come se” fossero vocalizzati da voci esterne (esperienze di passività di Schneider: idee di influenzamento somatico; senso di azioni imposte; furto ed influenzamento del pensiero). Il contenuto del pensiero diviene insolito, l'umore delirante, il paziente appare perplesso rispetto alle proprie esperienze e compaiono idee di riferimento e idee non bizzare. Compaiono, quindi, i primi sintomi positivi, caratteristici della schizofrenia, sebbene in maniera più sfumata e incompleta.
Il mantenersi nel tempo di tali esperienze porta ad una maggiore strutturazione della sintomatologia psicotica (fase di concretizzazione). Se nella fase precedente il paziente era ancora critico e perplesso dalle spiegazione “come se” delle sue esperienze, ora c'è una concretizzazione della spiegazione insolita dell'esperienza, non più passibile di critica.

Individuare per intervenire precocemente
L'obiettivo della precoce individuazione di stati di vulnerabilità, ovvero di stati mentali a rischio, è di predisporre degli interventi tempestivi.
Tali interventi possono avere come target sia i soggetti in fase prodromica o che presentano uno stato mentale a rischio sia soggetti con esordio psicotico vero e proprio.
Quando si parla di intervento precoce, il primo obiettivo è quello di ridurre la DUP (Duration of Untreated Psychosis), ovvero il periodo che intercorre tra l’esordio dei primi sintomi di natura psicotica e il primo trattamento terapeutico, che in media è di 6/18 mesi. Minore DUP, infatti, si correla a:
  • riduzione della morbilità;
  • un più rapido processo di guarigione;
  • prevenzione delle ricadute;
  • preservazione delle abilità sociali;
  • conservazione dei rapporti familiari e sociali;
  • minore necessità di ospedalizzazione.
Ridurre la DUP significa decrementare la severità del primo episodio psicotico, oltrechè minimizzare le complicanze che potrebbero derivare dalla psicosi non trattata. Numerosi studi mostrano, infatti, che il ritardo nel trattamento rende la psicosi biologicamente radicata, nel senso che una DUP più lunga è legata a tassi più lenti di recovery e minori livelli di recovery, maggiori tassi di recidiva e bassi livelli di funzionamento sociale e lavorativo, indipendentemente dalla presenza di altri fattori prognostici. Al contrario, la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo porta a un migliore recupero.

Si può guarire dalla psicosi?
La maggior parte dei giovani che vivono il loro primo episodio psicotico fa un recupero completo, anche se una minoranza significativa (circa il 10-20%) svilupperà sintomi persistenti.
La traiettoria di recovery è abbastanza variabile. Una volta che il trattamento viene istituito, alcune persone miglioreranno lentamente, ma inesorabilmente, mentre altri passeranno attraverso un periodo di apparente mancanza di progressi e per poi fare sbalzi di benessere. 
Una volta raggiunta una recovery, l'obiettivo sarà il mantenimento e la promozione del benessere per evitare delle ricadute, Ogni ricaduta è un rischio potenziale per lo sviluppo di una compromissione e disabilità duratura e contribuisce allo sviluppo di una resistenza al trattamento. 

Bibliografia

Besozzi, M., Comai, A., Garbazza, C., Provenzani, U., Boso, M. (2012). Diagnosi precoce e intervento tempestivo nei disturbi psicotici. Bollettino della Società Medico Chirurgica di Pavia 125(1):29-36.
Edwards, J., McGorry, P., D. (2004).  Intervento precoce nelle psicosi. Guida per l'organizzazione di servizi efficaci e tempestivi. Centro scientifico Editore, Italia.
Philips LJ, Yung A, Mc Gorry PD et al. (2005). Mapping the onset of psychosis: the Comprehensive Assessment of At-Risk Mental States. Aust N Zeal J Psychiatry; 39:964-971.

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9 Ottobre 2017 iniziativa "Studi aperti": vieni a conoscere la psicologa!

28/8/2017

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Il 10 Ottobre 2017 si celebrerà per il secondo anno consecutivo la "Giornata Nazionale della Psicologia".
Lunedì 9 Ottobre 2018, nell'ambito di tali celebrazioni, la dott.ssa Maria Luisa Abbinante, psicologa-psicoterapeuta, sarà a disposizione delle persone che si prenoteranno per rispondere a domande relative ai servizi offerti, tipologie di intervento, percorsi, tempi e costi.
Prenota la tua visita attraverso il form che troverai in fondo alla pagina e non dimenticare di lasciare il tuo numero di cellulare!
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Ritorna la Settimana della Prevenzione dell'Invecchiamento Mentale dal 19 al 24 Settembre 2016.

20/7/2016

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Anche quest'anno sarà possibile prenotare il proprio check-up gratuito delle funzioni mentali.

Invecchiare non significa necessariamente rinunciare definitivamente alla propria efficienza cognitiva.
Invecchiare non è necessariamente  perdere la propria lucidità mentale.
Così come tenersi fisicamente in forma con un allenamento costante permette di mantenere una buona tonicità muscolare, anche mantenere un buon livello di allenamento mentale e cognitivo permette di mantenere la propria efficienza nell'abilità di ragionamento e di risoluzione di compiti cognitivi.

Perché questa iniziativa?
La Settimana della Prevenzione dell'Invecchiamento Mentale ha lo scopo di permettere, a coloro che lo desiderano, di valutare il proprio stato di efficienza mentale e cognitiva.
Conoscere per sapere cosa deve essere sostenuto e "allenato" maggiormente.

A chi si rivolge l'iniziativa? 
L'iniziativa si rivolge a tutti coloro che ne faranno richiesta.
Non ci sono vincoli per parteciparvi. 

In cosa consiste il check-up?
Il check-up consiste nella somministrazione di una serie di test individuali.
I test sono prove "carta e matita" o al PC, che dureranno al massimo circa 45 minuti.
Al termine dei test riceverai informazioni personalizzate sul funzionamento delle principali attività cognitive, quali memoria, attenzione, concentrazione, linguaggio.

E dopo i test?
L'iniziativa "Settimana della Prevenzione dell'Invecchiamento Mentale" si conclude con una breve restituzione in cui verrà illustrato il livello di efficienza mentale e cognitiva emerso dai test. 

E se voglio continuare a mantenermi in forma? 
Potremo cercare insieme dei piccoli compiti ed attività che potranno aiutarti a mantenere in ottima forma le tue abilità cognitive.

Il check-up è gratuito.


    Compila il modulo qui sotto per richiedere il tuo check-up gratuito!

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Penso che sia stress...

6/1/2016

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Finite le tanto desiderate vacanze e ripreso il solito tran tran quotidiano, è alto il rischio di ritornare in fretta nell'occhio del ciclone dei mille impegni familiari e professionali, con un innalzamento dei livelli di stress che rischia di vanificare in breve tempo gli effetti positivi del maggiore riposo delle vacanze.

Cosa è lo stress? Come fare per non rimanere di nuovo sue vittime?
Lo stress è una risposta non specifica dell'organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso. Qualunque richiesta, anche la più banale, causa uno stress perchè richiede all'organismo di modificarsi ed adattarsi alla nuova condizione (sindrome di adattamento).
Di fronte ad uno stimolo stressante (stressor), il soggetto cercherà una forma di adattamento: valuterà l’evento che deve essere affrontato, cercando una strategia per farvi fronte. Se, nel breve termine, sarà capace di reagire alle pressioni cui è sottoposto, recuperando la condizione di equilibrio iniziale, le pressioni possono essere considerate positive: si parla di eustress o stress positivo. Se, al contrario, le condizioni sfavorevoli supereranno le capacità e le risorse del soggetto oppure saranno prolungate nel tempo, l’individuo diventerà incapace di reagire e offrirà risposte poco adattive: questo viene definito distress o stress negativo. Il distress è associato ad un vissuto di minaccia e può essere causato da una mancanza/carenza di risorse per far fronte al problema oppure da uno stress che dura a lungo nel tempo (stress cronico).
Contrariamente a quello che si può comunemente pensare, la totale mancanza di stress è negativa, poiché è associata ad una situazione di letargia, apatia, mancanza di entusiasmo, noia. In una situazione di benessere, infatti, l'individuo deve avere una minima fonte di sollecitazione, di eustress, che lo stimola. La presenza di stress positivo, di eustress, è associata ad una condizione di successo, positività, energia.

Come faccio a distinguere uno stress positivo ed uno stress negativo?
La percezione dello stress è fortemente soggettiva ed è mediata sia dalle caratteristiche dello stressor, che dalle caratteristiche e risorse del soggetto.
Tanto più la fonte di stress è intensa o prolungata nel tempo, tanto più questa causerà un disagio nelle persone.
Due persone nella stessa situazione, invece, avranno una capacità di fronteggiare lo stress completamente differente, che dipenderà dalle caratteristiche personali, che porteranno ciascuno a privilegiare un tipo di risposta piuttosto che altre, in base a ciò che sa fare meglio o alle proprie esperienze personali.
Un ruolo importante è, inoltre, svolto dagli gli apprendimenti, che determinano la possibilità di riproporre strategie che si sono già rivelate efficaci in passato.

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Ma che cosa è l'adattamento? In che cosa consiste?
Ogni volta che uno stressor perturba l'equilibrio, l'organismo cerca di ritrovare l'omeostasi, ovvero l'equilibrio perduto, attraverso reazioni fisiche, mentali, neurofisiologiche. Le possibili risposte allo stress possono essere:
  • resistenza: lo stress è tempestivamente fronteggiato con le proprie risorse, che, in breve tempo, neutralizzano gli effetti negativi dello stressor. Non ci sono ripercussioni e si ritorna alla situazione di benessere precedente.
  • resilienza: lo stress è fronteggiato con una reazione temporaneamente disfunzionale, fino a che l'individuo non individua una strategia che porta ad un nuovo adattamento. In questo caso lo stress rompe l'equilibrio precedente, ma l'individuo riesce a trovare una nuova forma di equilibrio e benessere, seppur diversamente da quanto era presente prima dell'azione dello stressor.
  • vulnerabilità: le risorse non sono sufficientemente “robuste, ridondanti e rapide” per superare lo stress, che causa una disfunzione persistente.
In una situazione di stress, quindi, l'obiettivo che l'individuo e l'organismo perseguirà, sarà la ricerca di un adattamento alla situazione.
L'adattamento è un'attività complessa e consiste nella messa in atto di azioni finalizzate alla gestione o soluzione dei problemi, alla luce della risposta soggettiva suscitata dagli eventi fonte di stress.
Le azioni volte ad accrescere l'adattamento potranno essere rivolte sia al soggetto, che modificherà qualcosa nel suo funzionamento attuale per consentire il raggiungimento di un nuovo equilibrio, sia all'ambiente, che sarà modificato o riorganizzato alla luce delle nuove esigenze.
Si parla di sindrome generale di adattamento proprio per indicare la risposta del soggetto ad una situazione di stress. Tale sindrome si articola in tre fasi:
  1. Allarme: l'organismo risponde agli stressors mettendo in atto meccanismi di fronteggiamento (coping) sia fisici che mentali, come l'aumento del battito cardiaco, della pressione sanguigna, del tono muscolare e del livello di arousal (attivazione psicofisiologica) per garantire una capacità di reazione più efficace.
  2. Resistenza: il corpo tenta di combattere e contrastare gli effetti negativi della situazione stressante, producendo risposte ormonali specifiche, nel tentativo di recuperare il benessere.
  3. Esaurimento: se gli stressors continuano ad agire, il soggetto può venire sopraffatto e possono prodursi effetti sfavorevoli permanenti a carico della struttura psichica e/o somatica (ansia, depressione, disturbi gastrointestinali, disturbi del sonno, disturbi sessuali, ...).

Suggerimenti per migliorare la capacità di far fronte allo stress al lavoro
  • Prenditi mezzo minuto di silenzio prima di incominciare la giornata lavorativa
  • Prima di incomiciare un compito impegnativo porta l'attenzione ai successivi 5 respiri
  • Resta in contatto con il mondo esterno durante la giornata (es. manda un messaggio al tuo partner o alla tuo/a amico/a)
  • Prendi una pausa a metà mattina e a metà pomeriggio
  • Premiati dopo un compito complesso o faticoso (es. un cioccolatino, un massaggio, una seduta dal parrucchiere, ...).
  • Instaura un rituale di chiusura a fine giornata (es. ascoltare la musica preferita, ...)
  • Usa il senso dell'umorismo

di dott.ssa Maria Luisa Abbinante
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Penso che sia stress... didott.ssa Maria Luisa Abbinante è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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Stress da rientro dalle vacanze: come combatterlo?

6/1/2016

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Ogni anno, alla fine delle vacanze si desidera che quella sensazione di benessere e relax conquistata non ci abbandoni tanto in fretta. Eppure alto è il rischio di riprendere quelle cattive abitudini che avevano portato all'esaurimento psico-fisico prima della partenza, tornando rapidamente a lasciarsi travolgere da mille impegni familiari e professionali.
​
Cosa fare per combattere lo stress della sindrome da rientro?
Il rientro dalle vacanze è vissuto, il più delle volte, come la fine del tempo da dedicare a sé, alo svago e al divertimento, oltreché alle cose che più ci piace fare.
Ma chi ha detto che in città non si possano ricreare delle situazioni simili a quelle che tanto hanno permesso il ristoro psico-fisico durante le vacanze? Questo è un pregiudizio comune, che rischia più di tutto di generare un cortocircuito di stress negativo.

Ecco che il primo obiettivo del rientro deve essere quello di organizzare delle occasioni positive, stimolanti e rilassanti: un week-end con gli amici, una cena nel locale preferito, un pomeriggio in spa, un aperitivo con le amiche, qualunque cosa
vi piaccia fare. Per stare bene le persone hanno bisogno di avere una minima fonte di sollecitazione, di eustress. La presenza di stress positivo è associata ad una condizione di benessere, successo, positività, energia, mentre la totale mancanza di stimoli è negativa, poiché, a lungo andare, genera noia e apatia. Passare il week-end sul divano a ricordare con malinconia il periodo di ferie è controproducente.
Secondo obiettivo sarà quello di favorire le attività all'aria aperta, come camminate al parco, giri in bici, escursioni nei dintorni. Durante le vacanze aumentano le attività all'aria aperta, che mettono in moto il corpo e favoriscono il relax e la possibilità di "staccare la spina" con il lavoro e gli impegni: perchè non provare a mantenere questa sana abitudine?
Terzo obiettivo sarà dedicarsi alla cura di sé, ad esempio preparando i piatti preferiti e riprendendo l'attività sportiva, beneficiando degli effetti positivi del movimento.

E al lavoro? Per mantenere nel tempo la condizione di rilassamento e benessere conquistata durante le vacanze anche al lavoro prova a:

  1. dedicare a te stesso mezzo minuto di silenzio prima di incominciare la giornata lavorativa;
  2. concentrarti su 5 respiri successivi, prima di incominciare un compito che richiede molto sforzo e concentrazione;
  3. premiarti alla fine di quel compito: basta anche soltanto un cioccolatino oppure attività gratificanti come un massaggio, una seduta dal parrucchiere, la tua cena preferita, ...;
  4. restare in contatto con il mondo esterno durante la giornata (es. manda un messaggio al tuo partner o alla tuo/a amico/a);
  5. prenderti una pausa a metà mattina e a metà pomeriggio (anche di pochi minuti);
  6. instaurare un rituale di chiusura a fine giornata: potresti provare a fare una passeggiata fino a casa, ascoltare la musica preferita, ....

Questi piccoli e apparentemente banali suggerimenti ti aiuteranno a concentrarti sul tuo benessere e a mantenere uno sguardo equilibrato sulle tue giornate, senza farti travolgere dalle richieste esterne. 


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"Si può dire..." - un libro per parlare con i bambini di ansia, depressione, stress e traumi

3/12/2015

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"Si può dire..." - un libro per parlare con i bambini di ansia, depressione, stress e traumi, è un simpatico libretto di Karen Glistrup, tradotto in italiano da Francesca Tasselli, che tratta il tema della malattia mentale, spiegando in maniera semplice ai bambini di cosa si tratta e come si manifesta. 
Il libro è dedicato, in particolar modo, ai figli di genitori che presentano un disturbo mentale, cercando di spiegare in maniera chiara e semplice i comportamenti del genitore, che spesso sono del tutto incomprensibili e spaventanti per il figlio.
Il libretto, con numerose illustrazioni, approfondisce i sintomi, i segnali di allarme e contiene suggerimenti per permettere all'adulto di rispondere alle domande e alle richieste di chiarimento dei bambini.
Una parte è dedicata alle emozioni e i sentimenti che il bambino può provare quando mamma o papà stanno male, dando l'opportunità di dare voce alla propria sofferenza, alle proprie paure, al senso di colpa.
​Per scaricare gratuitamente il libro, clicca qui.
                                                                                                             di dott.ssa Maria Luisa Abbinante
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"Si può dire..." - un libro per parlare con i bambini di ansia, depressione, stress e traumi didott.ssa Maria Luisa Abbinante è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
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   #VoltaPagina

27/11/2015

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Capita a tutti di passare momenti difficili, in cui tutto sembra andare storto e si ha la sensazione che le energie si stiano esaurendo completamente.

Può capitare di sentirsi particolarmente inquieti, nervosi, in cerca di risposte o, al contrario, con la sensazione che sia necessario un cambiamento al più presto ma senza riuscire a comprendere la direzione da prendere.

Capita, anche, che la fine di una relazione, di un amore, di un'amicizia ci lasci esterrefatti, confusi, arrabbiati, a domandarci da dove ripartire.

A chi rivolgersi?
In queste circostanze i primi ad accorrere in nostro aiuto sono i nostri amici, parenti, colleghi, ma non sempre i consigli e le risposte amorevolmente offerti riescono a farci stare meglio.
Altro interlocutore può essere il medico di base... ma se le cose vanno così...
Può anche capitare di pensare rivolgersi a lui...
Tante soluzioni diverse al nostro stato di malessere.

Ma siamo sicuri di avere ricevuto le risposte di cui avevamo bisogno?
#VoltaPagina

Hai mai pensato di rivolgerti ad uno psicologo?
O sei tra quelle persone che credono ancora alla bufala "Dallo psicologo ci vanno solo i pazzi" ?


I video sopra mostrati fanno parte di una miniserie promossa dall'Ordine Psicologi Lazio nell'ambito di una campagna di sensibilizzazione e promozione della professione dello psicologo.
di Dott.ssa Maria Luisa Abbinante
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Settimana di Prevenzione dell'Invecchiamento Mentale

30/7/2015

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La "Settimana di Prevenzione dell'Invecchiamento Mentale" è una iniziativa che si propone di promuovere uno stile di vita orientato al mantenimento del benessere fisico e mentale nelle persone non più giovani. 





Perché questa iniziativa? La "Settimana di Prevenzione dell'Invecchiamento Mentale" nasce perché nonostante che molte persone invecchino bene fisicamente, presentano problematiche cognitive (smemoratezza, disattenzione, disorientamento e via dicendo) che rischiano di peggiorare la qualità di vita. Spesso accade che la persona si rassegni passivamente a questo lento declino mentale e cognitivo.

E' sbagliato rassegnarsi. La scienza ha ampiamente dimostrato che appropriati esercizi mentali, corretta alimentazione e movimento fisico permettono di mantenere a un livello costante e ottimale l'abilità, la flessibilità e prestazioni delle funzioni cognitive.

A chi si rivolge l'iniziativa? L'iniziativa si rivolge a chiunque voglia conoscere lo stato di salute delle proprie abilità mentali. Non ci sono vincoli per parteciparvi. salvo volersi prendere cura di se stessi fin da subito. 

In cosa consiste il check-up? Il test è individuale e consiste in prove "carta e matita", che dureranno al massimo circa 45 minuti. Al termine dei test riceverai informazioni personalizzate sul funzionamento delle principali attività cognitive, quali memoria, attenzione, concentrazione, linguaggio. Potremo cercare insieme dei piccoli compiti ed attività che potranno aiutarti a mantenere in ottima forma le tue abilità cognitive.

Il check-up è gratuito.

Puoi prenotarti direttamente compilando il modulo qui sotto lasciando un riferimento telefonico o mail e verrai ricontattato per fissare il tuo check-up.


In alternativa puoi chiamare il numero 393 850 9837.


    Modulo di richiesta check-up

    I tuoi dati sono inviati direttamente allo studio e non saranno visibili agli altri visitatori.
    Ricordati di lasciare anche un numero telefonico se vuoi essere ricontattato telefonicamente.
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Evento promosso da Assomensana



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    dott.ssa Abbinante
    È Psicologa Consulente presso l'UONPIA (Unità Operativa di NeuroPsichiatria dell'Infanza e dell'Adolescenza) della ASST Rhodense di Garbagnate Milanese nell'ambito del Programma Innovativo Regionale “Procedura Operativa dell'emergenza/urgenza psichiatrica in adolescenza”, dove si occupa di diagnosi e trattamento di disturbi psicopatologici con esordio in adolescenza.
    Si occupa di valutazione e trattamento di esordi psicopatologici nell'infanzia e nell'adolescenza, di interventi di supporto della genitorialità, di sostegno psicologico a persone con malattia cronica e di prevenzione ed intervento precoce nella fragilità dell'anziano.

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